Perdono e umiltà
«Per quanto mi riguarda, posso affermare che l’anno 2010, nel quale il dibattito in Germania ha raggiunto il colmo, è stato l’anno peggiore e più doloroso della mia vita. Specialmente in quei mesi mi sono ripetutamente chiesto: come è potuto accadere nelle nostre file? Come è stato possibile ferire così profondamente, nel corpo e nell’anima, bambini e adolescenti nell’ambito della Chiesa?». A parlare è il card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco-Freising.
Si sono ascoltate parole tristissime, cariche di commozione, al simposio internazionale sugli abusi sessuali che si è concluso ieri a Roma, ed ha riunito per quattro giorni vescovi e superiori religiosi di tutto il mondo. Non era mai successo nella storia della Chiesa che un argomento simile fosse il tema principale di un’assise episcopale e che in qualche modo fosse data ai giornalisti la possibilità di seguire l’evento con interviste a margine e conferenze stampa.
Al simposio ha preso la parola anche una vittima di abusi sessuali. E’ la signora irlandese Marie Collins, violentata da un prete quando aveva 13 anni, mentre era malata in ospedale. Una esperienza devastante che ha saputo confessare solo quando aveva 47 anni. Ne ha aspettati altri 10 per ritrovare il coraggio di denunciare. Quando è entrata in sala stampa per parlare con i giornalisti, era accompagnata dalla psichiatra Sheila Hollins ed entrambe erano visibilmente scosse. Marie Collins ammette subito che non è stato facile raccontare la propria esperienza di fronte ai rappresentanti della Chiesa cattolica nel mondo. Ma dice di averlo voluto fare perché ha la speranza che nella Chiesa sia in atto «un tempo di cambiamento».
Perdono. E’ sufficiente chiedere perdono? E soprattutto: è possibile perdonare? Hanno provato a farlo i vescovi e i superiori religiosi partecipanti al simposio: in un clima di silenzio ed oscurità, sono risuonate nella chiesa di Sant’Ignazio, nel cuore di Roma, parole forti, cariche di sofferenza e vergogna, intervallate da canti del Kyrie eleison e invocazioni di preghiera. “Noi che dovevamo portare la salvezza ai ‘piccoli’, siamo talvolta divenuti strumento del male contro di loro”. E ancora: «Le nostre bocche che avrebbero dovuto annunciare il Vangelo sono chiuse dal dolore e dalla vergogna; le nostre mani che avrebbero dovuto essere imposte per guarire i malati, sono legate e impotenti. Eccoci umiliati davanti a te e davanti agli uomini, crocifissi dal male che ha sfigurato il volto della tua Chiesa. Siamo consapevoli che i nostri atti di riparazione non potranno mai cancellare quanto d’ingiusto è stato fatto, né lenire la bruciante ferita della nostra coscienza».
Come guardare ora al futuro? Con verità e giustizia. Mettendo la parola fine ad ogni residua cultura del silenzio e dell’omertà. Smettendo di negare volontariamente i fatti noti o di preoccuparsi del buon nome dell’istituzione a scapito della legittima denuncia di un crimine. In tanti lo hanno affermato in questi giorni. Al tavolo dei relatori hanno preso la parola esperti provenienti dagli Stati Uniti, dall’Irlanda, dalla Germania. Paesi che sono stati profondamente scossi e rovinosamente toccati dagli scandali. Si sono fatti anche i conti sui costi finanziari che a causa degli casi di abusi sessuali, ricadono ora sulle casse della Chiesa. Ora la parola d’ordine è “Mai Più”. Per questo, le Conferenze episcopali – su invito della Santa Sede – sono impegnate a deliberare disposizioni ed azioni capillari per gestire il fenomeno e garantire ambienti sicuri. Ma – ha sottolineato mons. Charles J. Scicluna, promotore della giustizia alla Congregazione per la dottrina della fede – «per quanto la legge possa essere chiara, ciò non è sufficiente per la pace e per l’ordine della comunità. Il nostro popolo ha bisogno di sapere che la legge viene applicata».
La domanda più profonda e sofferta comunque rimane sospesa. Perché è successo? «Senza dubbio – ha detto il cardinale tedesco Marx – il dibattito sulla violenza sessuale sui bambini e sugli adolescenti ha gravemente danneggiato la Chiesa. Ha eroso la credibilità all’interno e all’esterno e questo processo non è ancora terminato. Ma questi avvenimenti possono diventare uno stimolo importante per la conversione e il rinnovamento e quindi per il ricupero della credibilità, passo dopo passo. Quest’ora storica, nella quale ovviamente si può percepire l’appello di Dio, ci sta praticamente costringendo ad assumere un atteggiamento umile e attivo al tempo stesso».