Perdono e sofferenza psichica
«Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola». (Khalil Gibran)
Sono stati proprio i confini che Gibran cita ad ispirare il titolo del Congresso Internazionale di Psicologia e Comunione: Crossing the borders: psychological foundations of coexistence, tenutosi dal 23 al 25 Febbraio scorso.
Un Congresso nel quale ci siamo lasciati interpellare dalle domande che chiamano in causa in modo particolare il mondo della psicologia, poiché profondamente attuali, come ad esempio: Il perdono è sostenibile? Fino a che punto è giusto perdonare? È meglio essere competitivi o prosociali? Che senso ha la sofferenza psichica? Come promuovere il dialogo e il benessere relazionale tra gli individui e nelle comunità?
In uno scenario che mostra profondi conflitti e numerosi segnali di intolleranza ed esclusione, diventa sempre più urgente e necessario analizzare e promuovere la coesione sociale e la co-esistenza, in termini di crescita sia individuale che sociale, valorizzando il contributo di ciascuno e indipendentemente da età, sesso, razza, etnia, disabilità, origine, religione, condizione economica o altro.
Questo “movimento verso” è quanto Psicologia e Comunione cerca di incoraggiare, grazie al dialogo tra studiosi e professionisti della psicologia e il costante e imprescindibile riferimento al pensiero e dalla spiritualità di Chiara Lubich.
Interrogativi, confronto, dialogo, crescita, prospettiva, speranza, questi i “motori” dell’impegno congressuale. Tuttavia, ciò che ha reso questo Congresso un po’ speciale non è stato solo il sapere scientifico delle Scienze Psicologiche, ma anche il sapore che, prima di tutto, nasce dalla gratitudine, quella nei confronti di Simonetta Magari.
Simonetta, medico psichiatra e psicoterapeuta, ha cominciato la missione di Psicologia e Comunione nel 1999, dopo che l’università di Malta ha conferito la laurea honoris causa in Psicologia a Chiara Lubich e ha portato avanti questa missione fino a poco prima della sua morte, avvenuta nell’ottobre del 2021, mettendo a servizio di professionisti, accademici e studenti, competenze, impulso e slancio affinché questi costruissero reti per condividere esperienze e approfondimenti teorici e pratici, derivanti dal dialogo tra le Scienze Psicologiche e il Carisma dell’Unità.
Un obiettivo ambizioso e forse utopistico, specialmente se siamo abituati a pensare al sapere come a qualcosa da collocare dentro confini specifici e dentro scuole di pensiero e/o approcci diversi, come e soprattutto nel caso della psicologia, della psichiatria e del possibile iato tra il sapere accademico e clinico. Mondi dai confini separati gli uni dagli altri.
Questo proprio l’intento del Congresso, attraversare i confini, appunto, varcando sia quelli tra vari approcci del sapere psicologico e psichiatrico, accademico e clinico, sia i confini geografici. E, qui, veniamo ad un altro sapore, quello internazionale, perché la peculiarità di questo congresso è che si è svolto contemporaneamente in Brasile, Burundi e Italia.
Il congresso in Italia ha avuto luogo presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo e ha visto la partecipazione di circa un centinaio di persone, una sessantina in presenza ed il restante online, provenienti non solo dall’Italia, ma anche da altre parti d’Europa come Polonia, Albania, Portogallo, Germania, Svizzera e oltre, come Hong Kong, Stati Uniti, Cile e Colombia.
Molteplici i temi trattati, dalla prosocialità e cittadinanza attiva alla sofferenza, ricerca di senso e perdono, fino all’ inclusione sociale e socializzazione. Inoltre, grazie al patrocinio del Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’Università La Sapienza di Roma, un nutrito gruppo di giovani dottorandi, insieme ai loro docenti, ha apportato un valido e prezioso contributo attraverso la partecipazione al congresso e la presentazione di progetti e lavori di ricerca.
Uno dei momenti clou è stato il collegamento internazionale tra i 3 diversi siti in cui si stava svolgendo il congresso (Italia, Burundi e Brasile): due ore intense e di profonda commozione, nel ricordo vivo di Simonetta e nella consapevolezza di quanto si è percorso e di quanto ancora, grazie al contributo di ciascuno, si potrà camminare nell’attraversare confini. È questo l’obiettivo per cui è nata Psicologia e Comunione: non solo per rimettere al centro l’essere umano, in tutta la sua bellezza e complessità, con tutte le sfaccettature che comporta, ma anche e soprattutto per tessere relazioni e gettare ponti.
Se dovessimo usare un’immagine per raccontare la mission di Psicologia e Comunione, potremmo rappresentarla con un ponte. I confini tra le persone, tra gruppi, tra nazioni e persino tra le parti dentro noi stessi ci sono stati, ci sono e ci saranno. Il ponte è un connettore, permette di creare un legame tra queste parti, cosicché da sconosciute e nemiche possano co-esistere le une con le altre.
Grazie ad un ponte possiamo attraversare i confini “legandoli” tra loro; cosa possibile solo se abbiamo il coraggio di conoscerli e starci dentro. Questo è valido, a maggiore ragione, se pensiamo a tutte le sfide e le spaccature con le quali ci confrontiamo quotidianamente. Un ponte, ancora, lega teoria e pratica, approcci diversi e mette generazioni a confronto.
Per riprendere le parole di Gibran citate all’inizio, è un peccato non avere la possibilità di sedersi sopra una nuvola. Sicuramente, da questa prospettiva tutto sarebbe diverso. Ma su un ponte sì, è possibile sedersi e guardare le cose vicine con uno sguardo lungimirante, dove il sapere acquista anche il sapore della strada che si è percorsa e di quella che ancora c’è da fare.
Per conoscere il programma ed avere maggiori info su Psicologia e Comunione: www.psy-com.org;
Per vedere i momenti salienti del congresso: https://www.youtube.com/watch?v=nl_8BU52ma8;
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