Perchè la Ue vuole abolire il geo-blocking

La Commissione Europea vuole limitare il geo-blocking, pratica che impedisce ai cittadini europei di concludere liberamente acquisti online transfrontalieri a causa della loro nazionalità

Natale si avvicina e molti tra noi si stanno dedicando alla ricerca di un regalo per le persone alle quali vogliamo bene. Sempre più spesso facciamo acquisti su Internet, sperando di trovare dei prezzi migliori, ma a tutti sarà capitato di non poter accedere ad alcuni siti web stranieri o completare un acquisto. Altre volte, mentre siamo all’estero, sarà anche capitato di non riuscire ad accedere ai servizi di streaming (come Sky Go o Premium Play) o ai contenuti dei canali del portale della Rai. Ebbene, questo avviene a causa del geo-blocking, cioè delle restrizioni imposte da aziende e rivenditori online ai consumatori in base alla loro nazionalità o al loro luogo di residenza. In particolare, spesso viene bloccato l’accesso ai siti web, altre volte si nega la possibilità di completare un ordine, di acquistare beni o di scaricare il contenuto quando si accede a un sito web dall’estero, oppure si nega la consegna o la spedizione in un Paese estero o, ancora, si forniscono prezzi e condizioni diverse a seconda della nazionalità, del paese di residenza o della localizzazione del cliente. Talvolta ci potrebbero essere dei motivi giustificati per non vendere beni e servizi a livello transfrontaliero, come ad esempio la necessità di registrarsi presso l’autorità fiscale del Paese di destinazione, la presenza di maggiori costi di spedizione o di costi derivanti dall’applicazione di leggi per i consumatori stranieri, specifiche tecniche, incapacità di offrire un adeguato servizio postvendita all’estero, diverse imposizioni Iva, ecc.

 

Tuttavia, la discriminazione tra i clienti dell’Unione Europea (Ue) solo per segmentare i mercati lungo i confini nazionali, al fine di aumentare i profitti a scapito dei clienti esteri, è considerato come un geo-blocking ingiustificato dalla Commissione Europea, limitando i vantaggi del commercio elettronico per i consumatori e le imprese europee. Nel 2015, la Commissione Europea ha rilevato che solo il 37% dei siti web ha permesso ai clienti esteri (anche detti transfrontalieri) di raggiungere la fase finale prima di completare l’acquisto inserendo i dettagli di pagamento. Quindi, la prevenzione ingiustificata del geo-blocking è divenuta una delle azioni della strategia per il mercato unico digitale che sta sviluppando l’UE. Dunque, la Commissione Europea ha presentato una proposta di regolamento dopo aver valutato le risposte di una consultazione pubblica svoltasi nel 2015. La proposta di regolamento affronta il problema dei clienti che non possono acquistare beni e servizi da fornitori situati in un altro Stato membro, o di essere discriminati nei prezzi o nelle condizioni di vendita rispetto ai cittadini dello Stato di provenienza del fornitore. Il problema, dunque, riguarda ugualmente sia i consumatori che le imprese, per prodotti e servizi, ed esiste sia per il commercio on-line che nel mondo reale.

 

La proposta di regolamento definisce situazioni particolari in cui non vi può essere alcun giustificato motivo per applicare un geo-blocking o altre discriminazioni basate sulla nazionalità, la residenza o la posizione dell’acquirente:

  • quando un cliente acquista un bene, come prodotti dell’elettronica, vestiti, abbigliamento sportivo o un libro, che il fornitore non consegna oltre frontiera;
  • quando un cliente acquista un servizio fornito elettronicamente, come ad esempio i servizi cloud, i servizi di data warehousing o l’hosting di siti web;
  • quando un cliente acquista un servizio che viene fornito nei locali del professionista o in un luogo fisico in cui il fornitore opera, come ad esempio una camera d’albergo o una macchina a noleggio.

 

Inoltre, la proposta di regolamento vieta il blocco all’accesso ai siti web e l’uso di re-routing automatico se il cliente non ha dato un consenso precedentemente. Ancora, la proposta prevede anche il principio di non discriminazione nei pagamenti e, mentre i fornitori possono offrire un ampio ventaglio di modalità di pagamento, fra queste non può esserci una discriminazione particolare, in modo che il cliente sia libero di pagare come meglio crede.

 

La proposta della Commissione europea, che è ora in discussione al Consiglio e al Parlamento europeo, non si applica però ai servizi con proprietà intellettuale elettronica, come la musica, gli ebook, i giochi online, i softwarer, ecc. Secondo uno studio pubblicato da Bruegel, think tank europeo, tale settore rappresenta comunque il 33% del commercio elettronico dei consumatori privati (dati del 2014) e, considerando solo l’abolizione del geo-blocking per la musica, i consumatori avrebbero un vantaggio di 19 milioni di euro ed i produttori di 10 milioni di euro mentre, nel complesso, l’abolizione del geo-blocking comporterebbe dei vantaggi per alcuni miliardi di euro.

 

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