Perché i figli di papà diventano terroristi

Non è un fenomeno nuovo, tutt’altro. Anche noi lo sappiamo: dalle Brigate Rosse all’Ordine Nero, alla Rote Armee Fraction… Quando una società non riesce a tener conto delle diversità e delle disuguaglianze, il virus della violenza colpisce duro
Terrorisrmo Bangla Desh © Michele Zanzucchi 2015

Fa impressione vedere le immagini sorridenti, con armi in mano, kefiah biancorossa e abiti neri, di Nibras Islam, Mir Sabih Mubashsher, Rohan Imtiaz e dei loro amici radicali, postati guarda caso sui social network, foto scattate poco prima di compiere il vile attentato che ha fatto 20 morti nella pasticceria artigiana Holey a Dacca, Bangla Desh. Fa impressione, perché i loro sguardi non sembrano cattivi, forse un po’ esaltati, forse un po’ drogati, ma non cattivi. Come non erano cattivi, ma semmai tristi, gli sguardi di Adriana Faranda e Mario Moretti, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, Andreas Baader e Ulrike Mainof…

 

Come può un giovane di buona famiglia, vissuto nella bambagia, studi nei migliori licei, letture acculturate, passare da una vita grigia a una vita violenta e rischiosissima? È la domanda che sorge guardando i volti di Nibras, Mir e Rohan. Le analisi più o meno autorevoli che pretendono di dare la risposta definitiva a questo quesito sono infinite, tappezzano i giornali, occupano i palinsesti, colonizzano il web.

 

Non si pretende di dare risposta definitiva, ci mancherebbe, ma una pista di analisi appare comunque più significativa di altre: la società globalizzata porta ovunque sul pianeta un vero stravolgimento del quieto vivere, logistico, mentale e psicologico. I social network, giusto per fare un esempio, occupano le giornate di miliardi di persone che prima facevano altro nell’ora e mezza canonica di navigazione web… Le società si sono complessificate in modo esagerato, i mercati diventano un rebus per i più fini economisti, le relazioni geopolitiche multipolari fanno dimenticare l’epoca in cui gli Stati Uniti e la Russia si spartivano il globo, le stesse istituzioni religiose hanno assunto molteplici forme di sviluppo come testimonia, giusto per fare un esempio, la stagione dei “movimenti” che attraversa tutte le grandi fedi introducendo un orientamento laico oltre a quello clericale. La globalizzazione ha sconvolto l’ordine sociale, politico, economico. Punto.

 

C’è di che rimanere smarriti se non si ha la coscienza che la diversità può essere la molla della coesione sociale, che la complessità richiede risposte complesse costruite gettando ponti tra etnie, popoli, discipline, fazioni politiche, credo religiosi, filosofie di vita. Altrimenti c’è solo di che sognare un ordine semplice e chiaro, un manicheismo di riporto che faccia chiaramente vedere dove sta il Bene e dove sta il Male, con le maiuscole di preferenza.

 

Probabilmente sono soprattutto gli spiriti più deboli (o più sensibili) che cadono nella trappola, e che finiscono nella rete di quei “maestri della semplificazione a tutti i costi” che spuntano ovunque. Quando non si sopporta più la diversità, quando le diseguaglianze crescono, quando c’è troppo “diverso-da-sé”, ecco che può scattare in alcuni il virus della violenza come rimedio al caos. Riflettiamoci un po’.

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