Perché al referendum costituzionale voterò no

Ci sono non pochi aspetti accettabili, ma l’impianto generale della riforma altera il bilanciamento dei poteri e fa saltare i limiti allo strapotere della maggioranza, che coinciderà con un partito. Decidiamo sul merito senza cedere a semplificazioni e tentativi di plebiscito
VOTO ANSA

Al referendum confermativo della riforma costituzionale in autunno voterò no.

Non tanto perché il Parlamento che ha approvato la riforma è risultato illegittimo in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014 che ha annullato la legge elettorale con cui è stato eletto; in fondo, anche un Parlamento illegittimo potrebbe fare una buona riforma, anche se non è proprio una bella cosa.

 

Non tanto perché le regole del gioco dovrebbero essere condivise, e andrebbero perciò decise insieme e non a colpi di maggioranza. Anche una maggioranza potrebbe, da sola, fare una buona riforma.

 

Voterò no perché ritengo che non si tratti di una buona riforma.

 

Gli aspetti condivisibili non mancano nella legge costituzionale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2016: l’introduzione dell’equilibrio di genere nelle liste elettorali (articoli 55 e 122); l’abolizione finale delle Province, salvo Trento e Bolzano (art. 114), l’introduzione di un termine per l’approvazione di leggi (art. 70 e 72), l’introduzione di referendum popolari propositivi (art. 71), il giudizio preventivo di legittimità sulle leggi elettorali da parte della Corte costituzionale (art. 73), l’abolizione del CNEL (art. 99).

 

Accanto ad aspetti pasticciati: il Senato non è stato abolito (e quindi i costi si riducono, ma di poco) ma riformato, e una delle conseguenze è che l’immunità parlamentare gioverà a tanti consiglieri regionali, una classe politica esposta negli ultimi anni a indagini per malaffare come nessun’altra; il processo legislativo viene potenzialmente complicato; viene elevato il numero di firme necessarie per la presentazione di proposte di leggi di iniziativa popolare (da 50.000 a 150.000 – art. 71); si chiarifica la ripartizione di competenze tra Stato e Regioni, ma con un notevole accentramento dei poteri a favore dello Stato (art. 117).

 

Il vero problema è un altro.

 

Nelle democrazie occorre un bilanciamento dei poteri, un sistema di pesi e contrappesi, per evitare che chi vince le elezioni faccia l’asso pigliatutto. Non basta il ruolo della minoranza (il nuovo “statuto delle opposizioni” – articolo 64 – è positivo, o si trasformerà in museruola? Vedremo); non basta il controllo – dall’esterno – dell’Unione europea: sono le stesse regole del gioco che devono impedire la dittatura della maggioranza.

 

La riforma costituzionale sottoposta a referendum mira a permettere a chi vince le elezioni di governare e realizzare il suo programma. Nel perseguire questo obiettivo – in sé lodevole – cambia, in modo negativo e a mio avviso pericoloso, l’equilibrio tra i poteri:

 

– Con l’Italicum, che è legge dal maggio 2015, chi vince le elezioni, anche con il voto del 10% degli aventi diritto (non c’è una soglia minima per i due partiti che vanno al ballottaggio), otterrà la maggioranza assoluta alla Camera (l’unica che darà la fiducia al governo). Il rischio è forte di trasformare il Parlamento in un semplice luogo di vidimazione delle decisioni governative;

 

– Con la maggioranza semplice alla Camera e al Senato si potrà eleggere il presidente della Repubblica (il nuovo articolo 83 riduce il quorum ai 3 quinti dei votanti, invece della maggioranza assoluta dell’assemblea: se le opposizioni lasciano l’aula, è fatta). Chi si opporrà a leggi discutibili? Chi eserciterà con autorità la moral suasion sul governo?

 

– Il presidente della Repubblica nomina un terzo dei giudici costituzionali. Se in Parlamento, per nominarne un altro terzo, è difficile arrivare al quorum (e per l’elezione dei giudici costituzionali ci si mette d’accordo tra maggioranza e opposizione), il presidente della Repubblica nomina chi vuole (fatti salvi i requisiti soggettivi). Un presidente della Repubblica nominato, a maggioranza semplice, dal partito che domina la camera, nominerà giudici costituzionali graditi a quest’ultimo. A quel punto chi dichiarerà incostituzionale, per ipotesi, la legge elettorale votata dalla maggioranza?

 

Addio pesi e contrappesi.

 

La riforma costituzionale non cambierebbe solo le regole, ma darebbe al primo partito d’Italia il potere di nominare gli arbitri, i custodi del rispetto delle regole. Altro che calciopoli.

Rimangono i media, altro elemento essenziale, in democrazia, di freno dello strapotere delle maggioranze. Ma in Italia, dove i grandi mezzi d’informazione (e non solo loro) hanno la tendenza a salire sul carro del vincitore, riempiranno davvero questa funzione di controllo?

E una volta eliminati i pesi e contrappesi, cosa può succedere? Oggi in Italia abbiamo Renzi. In Europa, però, dall’Austria alla Francia, stanno risorgendo le estreme destre. Quale potrebbe essere, in futuro, il partito a cui avremo affidato tutte le leve del potere?

 

Per queste ragioni voterò no. Anche se Renzi ha trasformato il referendum in una scelta sulla sua persona: «Se vince il no me ne vado». Non sono elezioni politiche, si vota sulla Costituzione e non sul governo. Non c’era bisogno di questa personalizzazione e, nonostante essa, si può decidere serenamente di votare no.

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Questo articolo esprime l’opinione personale di chi lo ha scritto. Città Nuova ha deciso di dare spazio ad un dialogo aperto ed esigente tra i sostenitori del SI e del NO in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre secondo il criterio espresso in questi articoli.

http://www.cittanuova.it/c/458365/Divisi_verso_il_referendum_Appello_ad_un_voto_consapevole.html

http://www.cittanuova.it/c/458287/Il_referendum_alle_porte_Continuiamo_il_confronto.html

Ascoltando l’invito all’unità del Paese come espresso dal Movimento politico per l’unità in Italia

http://www.cittanuova.it/c/457053/Referendum_No_allo_scontro_tra_guelfi_e_ghibellini.html

 

Ovviamente anche le interviste rientrano fisiologicamente nella finalità di offrire un approfondimento nell’ascolto delle ragioni del SI e del NO.

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