Per una nuova fase costituente

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Ma che cosa è successo davvero con la crisi di governo?. Rispondere a questa domanda, posta da un adolescente che inizia ad infilarsi nella sua prossima veste di elettore, è una bella occasione per fermarsi a leggere gli avvenimenti prescindendo dai propri stati d’animo. È successo che l’Italia ha compiuto un altro passo in avanti (non indietro!) nella ricerca di una nuova fisionomia istituzionale. E infatti conviene intendere la parola crisi rispolverando subito il suo significato di passaggio: il passo in avanti sta nel fatto che il fallimento dell’esperienza del centrosinistra ha mostrato che un sistema maggioritario così congegnato non poteva funzionare. E per una ragione non banale: perché non è stato in grado – tanto nella fase di governo del centro-destra, quanto in quella del centro- sinistra – di rispondere all’istanza politica fondamentale, quella dell’unità del Paese, finendo per essere un mezzo per dare forma dentro le istituzioni non già alla dialettica tra maggioranza, minoranza e varie forze politiche, ma a ciò che nel Paese divide (e da questo punto di vista neanche la coalizione uscente lascia molte nostalgie). Un centro-sinistra ed un centro-destra immaginati come la raccolta di forze politiche le più eterogenee purché contro l’altra parte, che si fronteggiano con schemi da derby calcistico, possono regalare momenti di euforia o di prostrazione se la propria parte vince o perde; ma lasciano comunque l’amaro in bocca, giacché non di calcio si tratta. Per tacere (ma come si fa a tacere?) del pericolosissimo germe dell’abbassamento della soglia morale di cui fatalmente diventano portatori. Una coalizione-miscuglio comporta la progressiva, avvilente legittimazione di comportamenti e, ancor di più, di sistemi di regole in palese contrasto con l’etica del disinteresse intrinseca alla politica, conseguenza elementare del governo della cosa pubblica. E ancora, che dire delle sorti del governo dell’intero Paese in mano a pochi individui? Ora tutto questo l’abbiamo capito. Altra domanda. Sto parlando di un governo di unità nazionale?. Non lo so. Certo, in queste ore il presidente Napolitano sta profondendo ogni sforzo per cercare di prolungare la vita della legislatura al fine di consentire quantomeno la riforma del sistema elettorale, ma possibilmente anche le riforme istituzionali. E questo sforzo è da ascrivere alla sua volontà di servire tutto il Paese e non una sola parte; per questo occorre sostenerlo. Ma se, come è altamente probabile, si andrà subito a nuove elezioni, occorrerà farlo in modo nuovo. Ora sappiamo che dobbiamo disabituarci tutti, cittadini e politici, alla facile scorciatoia di leggere la realtà politica con gli schemi di bene (è tutto dalla mia parte) e male (è tutto dall’altra parte). Lo spirito dovrà essere quello del confronto tra programmi e persone che vengono chiamate a realizzarli, tornando ad essere sanamente parte di un tutto. E l’esito, qualunque sarà, dovrà essere pienamente, ancorché non supinamente, accettato dai perdenti, come accade in tutte le democrazie a maggioritario maturo, dove chi è eletto rappresenta davvero, una volta finita la campagna elettorale, l’unità di tutto il Paese. L’attuale legge elettorale non aiuta a questo. Ma non bisogna farsi fermare. Anzi, è il momento di una grande partecipazione, è il momento della chiamata in causa di tutte le forze sane, competenti ed attive per il bene comune: ognuno deve sentirsi interpellato a scendere in campo, senza attendere uomini della Provvidenza, ma coalizzandosi con tanti cittadini. Perché il tempo presente segni una nuova fase costituente, di popolo. Occorre fare di tutto perché nel prossimo Parlamento sia maggioritaria la presenza della vita pulsante della società sana, produttiva, generosa, solidale, con le idee per affrontare le riforme guardando all’Italia come ad un Paese che ha tutte le potenzialità per essere guida e sostegno per altri, perché sa coniugare valori e benessere, solidarietà e merito, uguaglianza e libertà, identità e accoglienza. E non chiusa in sé stessa ma per la costruzione dell’Europa e dell’unità di tutta la famiglia umana.

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