Per una cultura del dialogo tra cristiani e musulmani
Qualche giorno fa ha aperto a Milano la nuova sede della Fondazione internazionale Oasis, per promuovere l'incontro tra cristiani e musulmani in una prospettiva di conoscenza reciproca. Un segno del bisogno e della necessità, ormai, di parlarsi tra fedi diverse: è tempo di lavorare assieme e in modo concreto.
Il cardinale Scola ha ricordato il senso di questa sede: «La prima intuizione che fece nascere Oasis c'è stata a Damasco nel Duemila. Il nunzio invitò a un incontro i vescovi dei sette riti presenti lì. Questi mi attaccarono, in qualità di rettore della Lateranense, perché sostenevano che non facevamo niente di solido per loro. In questi tredici anni abbiamo voluto aiutare le nostre realtà di cristiani con una particolare attenzione soprattutto alle minoranze presenti nei Paesi musulmani, a conoscere l'Islam. Siamo oggi consapevoli che guardare solo all'Oriente è limitativo, perché i problemi sono gli stessi». In Europa, «c’è una grandissima indifferenza nei confronti di questo problema: se si pongono a un cristiano medio delle domande sull’Islam si ottengono delle risposte tragiche». Da qui, secondo l'arcivescovo, l’urgenza e la necessità di «prendere coscienza», dando concretezza alla presenza di donne, uomini e bambini di fedi e religioni diverse tra noi, nelle comunità cristiane.
Il professor Paolo Branca, docente di islamistica all'università Cattolica del Sacro Cuore e responsabile del dialogo con l’Islam per la diocesi, ha ricordato che «nella diocesi di Milano ci sono tantissimi bambini musulmani che crescono negli oratori. Un dato molto interessante è la scelta di non chiedere l'esonero nelle scuole dall'insegnamento della religione cattolica da parte del 15 per cento di questi piccoli, che vogliono restare con i loro compagni in aula». Milano, per Scola, è «l'unica vera metropoli italiana» ed è per questo inevitabile che accada qui l'incrocio tra persone di fedi diverse. Spetta poi ai cattolici italiani, con la loro sensibilità, tradurre concretamente questa presenza in percorsi pastorali che devono essere visti come strade da percorrere. Secondo Marco Garzonio, editorialista del Corriere della sera e presidente della Fondazione Ambrosianeum, è la storia di Milano che spinge ad avere questo coraggio del meticciato. «Occorre avere sogni e capacità di riflettere – ha detto -, che non vuole dire altro che fare cultura. Occorre vedere la complessità, avere la capacità di sperimentare e, infine, "tornare ai giorni del rischio", come affermò padre David Maria Turoldo proprio a Milano nei difficili anni Ottanta».
Riguardo l’eventuale costruzione di una moschea in città, l’arcivescovo ha sottolineato che un luogo di culto è indispensabile per poter esercitare la libertà prevista dalla Costituzione. L’applicazione di questo principio deve tenere conto anche della «dimensione storica» del problema: «La domanda è proporzionata se il soggetto che la avanza è realmente un soggetto milanese, della nuova Milano – ha spiegato Scola -. E occorre pensare alla modalità con cui nel dialogo fra le religioni si trovano spazi equilibrati per tutti».