Per un carcere più umano

Il Consiglio dei ministri approva un decreto legge nel tentativo di porre rimedio alla situazione esplosiva dei nostri istituti di pena.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, durante la conferenza stampa al termine del Cdm, Palazzo Chigi, Roma 3 luglio 2024. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Guai a chiamarlo “svuota carceri” perché, in effetti, non le svuoterà. Il decreto “Carcere sicuro”, appena varato dal Consiglio dei ministri, secondo il ministro della Giustizia, Nordio, coi suoi 16 articoli si ispirerebbe piuttosto al concetto dell’“umanizzazione carceraria”.

Perché la situazione, attualmente, è, di fatto, disumana. Alla data del 30 giugno scorso sono 61.480 i detenuti ospitati nelle 189 carceri italiane, a fronte di una capienza regolamentare di 51.234 posti, a cui vanno sottratte circa 3mila celle non disponibili per lavori in corso. Mancano negli organici 11.000 agenti di polizia penitenziaria. Cinque di loro si sono suicidati dall’inizio dell’anno e le aggressioni subite arrivano a 1.241.

Cinquanta (compresi alcuni casi dubbi) sono le persone recluse che si sono tolte la vita dal 1° gennaio a oggi. Solo il 6% dei detenuti sta scontando una pena definitiva, mentre il resto è in attesa di giudizio. Fra loro, circa un terzo sono stranieri.

«Non possiamo restare indifferenti di fronte all’emergenza delle carceri! Dei 47 suicidi avvenuti dall’inizio dell’anno 24 detenuti hanno deciso di togliersi la vita nei primi 6 mesi di carcere, 6 nei primi 15 giorni e 3 nei primi 5 giorni di detenzione. 17 erano in attesa di giudizio». Il campano Samuele Ciambriello, portavoce dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale, parte dai dati riguardanti i suicidi in carcere per denunciare lo stato disastroso dei nostri istituti penitenziari.

«Dalla lettura dei dati – continua il garante – è emerso che tra questi 47 suicidi 11 persone avevano già precedentemente messo in atto almeno un tentativo di suicidio, 4 di questi suicidi erano al momento dell’atto sottoposte alla misura della “grande sorveglianza”, 14 invece sono le morti ancora da accertare. Servono figure di ascolto, finanziamenti da parte del ministero per le figure sociali di ascolto (psicologici, psichiatri, assistenti sociali, pedagogisti, terzo settore, tecnici della riabilitazione). I suicidi non sono prevedibili ma si possono prevenire, ma non soltanto con i protocolli».

«Un dato che fa riflettere è l’età dei detenuti – sottolinea Ciambriello – . Sette persone avevano tra i 18 e i 25 anni. L’età media delle persone che si sono tolte la vita è di 39,5 anni. Riguardo alla nazionalità 26 erano italiani e 21 stranieri. Infine, il primato per numero di suicidi 3 dall’inizio dell’anno, purtroppo riguarda la nostra regione, ed è del carcere di Poggioreale. Oltre i 3 suicidi ci sono 2 morti da accertare».

E avanza una proposta: «In qualità di portavoce della Conferenza nazionale dei garanti territoriali, mi rivolgo alla politica e alla società civile. Forte è lo Stato capace di intercettare il disagio sociale, e adottare le misure sociali più opportune a tutela della dignità di tutte le persone, anche e soprattutto in carcere. In questi mesi estivi sarebbe necessario adottare alcune misure: aumentare le telefonate, celle aperte fino alle 20, la chiusura dei blindi alle 23 e garantire per ogni stanza frigoriferi e ventilatori. Accanto alla certezza della pena ci deve essere la dignità della pena».

Quali sono i cardini del decreto-legge appena varato e che sarà al vaglio della Camera? La “presunzione d’innocenza”, la “certezza della pena”, una procedura più definita per il percorso di “liberazione anticipata”, un maggiore ricorso alle “comunità di accoglienza”, per i minori, l’aumento dei colloqui telefonici settimanali e mensili che passano da 4 a 6. L’articolo 2, poi, prevede un aumento del numero dei dirigenti penitenziari in modo che ogni istituto di pena abbia un direttore e un vicedirettore.

Sono presenti anche due norme diremmo extra. Con l’articolo 314-bis, viene introdotto il reato di «Indebita destinazione di denaro o cose mobili». Punisce con la detenzione da 6 mesi a 3 anni il pubblico ufficiale che, in possesso di denaro o oggetti altrui per via del suo ufficio, li destina a un uso diverso da quello previsto dalla legge, per un ingiusto vantaggio a suo favore. Un’altra misura riguarda il pignoramento di beni di Stati esteri, dal quale sono esclusi denaro, titoli e altri valori «che costituiscono riserve valutarie di Stati esteri», detenuti da banche centrali o autorità monetarie estere e «depositati presso la Banca d’Italia in appositi conti».

Secondo Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, «le misure del Governo non incideranno sul sovraffollamento essendo afflitte da minimalismo. Sarebbe stato necessario ben altro per produrre una controtendenza nella crescita dei numeri o nella qualità della vita penitenziaria.

In base a quanto si legge nella bozza del decreto-legge, le telefonate verranno, con un successivo regolamento, aumentate da 4 a 6 al mese. Cosa, peraltro, già possibile a legislazione vigente. Per contrastare l’isolamento penitenziario e incidere sulle cause dei suicidi sarebbe stato necessario prevedere telefonate quotidiane e non una ogni cinque giorni. Inoltre, la misura entrerà in vigore tra 6 mesi almeno. Un’altra estate passerà invano».

Infine un invito a fare di più sull’aspetto della cura: «Assumere sempre e solo poliziotti non basta – afferma Gonnella –. Bisognerebbe anche aumentare il numero di educatori, mediatori, assistenti sociali, medici, psichiatri, etno-psichiatri, interpreti, direttori. Altrimenti trasformiamo le carceri in un luogo di ordine pubblico».

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