Per meglio capirsi

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Una cittadina nella Toscana profonda, quella dove il partito comunista otteneva alle elezioni percentuali bulgare, dove il sociale era un modo di essere. Ora le cose sono un po’ cambiate; il benessere ha portato diffidenza per il diverso da sé e il contatto tra culture e religioni diverse non si sa più se genererà incontro o scontro. In questo caso si tratta di incontro. L’inaugurazione del centro culturale islamico di Figline Valdarno, come mi spiega Abdelillah Balboula, marocchino, che ne è il principale promotore in quanto presidente dell’associazione Amici del Valdarno, trova le sue radici nel 2000, per la crescita della comunità di immigrati di religione islamica, costretti all’epoca a salire a Firenze per trovare un luogo di incontro e di preghiera. La crescita del progetto ha avuto diversi attori, sia istituzionali che religiosi, sia della società civile, seguendo un modello che in tante parti d’Italia e d’Europa ha portato non pochi frutti. Si tratta di mettersi assieme per un bene comune – precisa Abdelillah -, perché i vantaggi alla fine non ricadono solo sulla nostra comunità, ma anche sull’intera popolazione. Noi impariamo la lingua e la cultura italiane, e gli abitanti possono così avere a che fare con immigrati che si integrano senza provocare tensioni e violenze nel territorio e nella cultura locale. Attori istituzionali, come il sindaco della cittadina, il giovane Riccardo Nocentini, il quale mi conferma il suo desiderio di favorire l’integrazione sottolineando quanto ci unisce, armonizzando così anche quanto ci divide. Il sindaco vede di buon occhi il centro culturale islamico, perché aiuta a non disperdere le potenzialità culturali e religiose degli immigrati, evitando nel contempo l’insorgere di elementi devianti. Non è ancora una moschea – non ce n’è bisogno ancora , dicono all’unisono Nocentini e Balboula -, ma il centro fungerà anche da luogo di preghiera, senza nemmeno bisogno di un imam stabile. Il che rassicura non pochi cittadini. Attori religiosi, come don Manlio Tinti, parroco della Collegiata, che col centro islamico si dà la mano, perché dove finiscono i locali della parrocchia cominciano quelli del ritrovo dei musulmani. Temperamento esuberante, non nasconde minimamente la sua fede cristiana attiva e fattiva, ma apre le braccia a chi è diverso, come il Vangelo non solo ci invita, ma anche ci obbliga a fare. C’è pure Andrea Martinelli, direttore dell’oratorio salesiano, che favorisce l’integrazione accogliendo bambini musulmani nel suo centro, nel quale ho chiesto a tutti di parlare italiano, non per nascondere le diversità ma per trovare una lingua sulla quale tutti c’intendiamo, un terreno d’intesa e di comprensione. Perché senza comprensione arriveremmo fatalmente allo scontro. Infine, attori della società civile, come la locale comunità del Movimento dei focolari (la cittadella internazionale di Loppiano è a due passi), la prima che diede il benvenuto al gruppo organizzato di musulmani agli inizi del nuovo millennio, e che tanto ha aiutato la comunità islamica a mettere in piedi, anche materialmente, il nuovo centro. Una funzione nascosta – assicura un membro dell’associazione Amici del Valdarno -, che ci porta giorno dopo giorno a non sottolineare le tensioni, gli sgarbi, le incomprensioni, ma la simpatia, l’accoglienza, la comprensione. Tra le varie iniziative in questa direzione, come dimenticare quella proposta dalle scuole elementari di Figline per l’integrazione dei bambini stranieri nel sistema scolastico, primo fattore di inserimento delle famiglie nel tessuto sociale, come dice il preside Tagliaferri? Che aggiunge: Non sempre siamo capiti, perché sembra che si perda tempo nell’organizzare incontri e iniziative per l’integrazione. Ma nel Valdarno il dieci per cento dei bambini è straniero, e a Figline nelle scuole vi sono picchi del 40 per cento. Il Progetto Alisei è uno di questi tentativi. Lucia Madii, che ne è la principale animatrice, ne indica la valenza: Dare il primo supporto linguistico ai bambini che arrivano dall’estero non è uno scherzo, perché può influenzare l’integrazione possibile del futuro ragazzo e futuro uomo che sarà. Tutto serve per questo, dalle fiabe dei propri paesi al dado dell’amore che, lanciato, invita i bambini ad amare per primi oppure ad amare tutti…, creando una naturale predisposizione al dialogo. All’inaugurazione – presenti tra gli altri il console marocchino Bouchta Elouidani e gli imam di Firenze, Ezzedine (noi dobbiamo amare la vostra cultura come amiamo la nostra) e di Colle Val d’Elsa, Feras (dividere la comunità musulmana è grave, ma dividere cristiani e musulmani lo è ancora di più), tra un tè alla menta e zuccherini dolci al miele, frotte di bambini musulmani e cristiani fanno un baccano del diavolo. Giocano insieme. Se lo fanno ora, forse anche da grandi sapranno stare assieme.

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