Per l’unità dei popoli
Il logo campeggia nelle piazze, lungo il mare, nei dintorni della fiera. Rappresenta un omino, composto di omini più piccoli, che abbraccia un globo terrestre e lo sostiene. Un efficace espediente grafico per un messaggio impegnato e impegnativo: “Fraternità e pace per l’unità dei popoli”. Forse non c’è in Italia città più adatta di Rimini a ospitare questo appuntamento, visto che in questi mesi estivi appare un vero crocevia di etnie e popoli diversi. Ma il pomeriggio in compagnia di Chiara Lubich a taluno sembra pure un paradosso: come presentare un messaggio così denso nella città del divertissement e della spensieratezza? Come parlare di fraternità nella patria dell’individualismo vacanziero? Come presentare il sacrificio come necessità per l’unità nella città dello svago? Il fatto è che la Lubich si rivolge a tutti, nessuno escluso: al suo popolo, naturalmente, ma anche al popolo dei pedalò e delle creme abbronzanti. È infatti convinta che tutti, anche coloro che popolano Rimini d’estate, abbiano un angolo di cuore e di spirito, spesso nascosto o sopito, che crede alla fraternità anche in spiaggia, e che è capace di sacrifici insospettabili. “Popolo di Chiara”. È Sergio Zavoli, senatore riminese, a usare quest’espressione, presentando al pubblico la Lubich. Intende un popolo fatto di gente come tutti. Un popolo che va anche in spiaggia, come va nelle scuole, nelle fabbriche, nelle piazze, ai concerti, nei parlamenti e nelle carceri. Ovunque. Con un’idea fondamentale in testa: la fraternità universale, che è sinonimo di “unità nella diversità”, come ricorda il sindaco Alberto Ravaioli. I colori di un popolo In platea cinquemila persone, festose e impegnate, arrivate alla Fiera di Rimini sfidando la calura delle tre del pomeriggio per ascoltare la loro leader, ma anche il sindaco. E Zavoli, Zamagni e Jor Braga de Macedo, presidente dell’Ecosoc ed ex ministro delle Finanze del Portogallo. Ci sono poi l’intervista televisiva con Romano Prodi, e il messaggio di Kofi Annan, senza dimenticare quello di Pier Ferdinando Casini Sono presenti Pierluigi Castagnetti e Flavia Prodi, il vescovo di Rimini Mariano De Nicolò, sindaci, deputati e senatori, amministratori locali, professori universitari e uomini di cultura. C’è il Gen Rosso, c’è la Rimini Dixieland Jazz Band, c’è la compagnia di balletto Cosi-Stefanescu. Il sindaco di Rimini, promotore dell’appuntamento, fa gli onori di casa. Si felicita per il ritorno della cittadina onoraria della città, sottolinean- do come da lei parta “la più dirompente delle rivoluzioni, che nasce nel cuore dell’uomo”. E auspica che si sappia “ridare valore alla politica, restituirgli il suo significato attraverso le categorie etiche universali della libertà dell’uguaglianza, della fraternità. Rimini deve tornare a essere propositiva e innovativa, attraverso uguaglianza, integrazione, accoglienza, ascolto”. Conclude: ” Da Chiara quest’oggi in tanti attendono non solo parole di pace e di speranza, ma anche l’indicazione di un cammino che non può e non deve essere interrotto dalle guerre e dal sangue inutilmente versato nel nome di una religione o di una ideologia”. Gli fa eco il presidente della provincia di Rimini, Ferdinando Fabbri, che si rivolge al pubblico con queste parole: “Il mondo ha bisogno dei movimenti, di Chiara Lubich, di voi”. E Vera Negri- Zamagni, vice-preside della Regione Emilia-Romagna: “È giusto ricordare che l’uomo è fatto per la felicità”. Sergio Zavoli ha il compito di introdurre l’ospite. Non è la prima volta che lo fa, ma l’emozione che traspare dalla sua voce suggerisce una sintonia con le sue proposte non solo di circostanza: “Rimini – esordisce – ha fama di città votata, insieme, alle quiete poetiche provinciali e alla più clamorosa delle vacanze, alle convenute e salutari esigenze del tempo prestato al riposo, al ristoro, alle gioie di giornata, così come all’effimero, alla dimenticanza, ai rinvii: ma nel suo patrimonio civile, morale e culturale tende, complessivamente, a fare della propria, grande visibilità mondana uno strumento di attrazione e di sintesi di grandi temi valoriali, a cominciare dalla pace e dalla libertà, dalla giustizia e dalla fratellanza “. Onore agli organizzatori, dunque, che hanno saputo prendere co- me riferimento Chiara Lubich, “la donna che, come Martin Luther King e Teresa di Calcutta, ha offerto la sua fede e la sua opera per la costruzione di un mondo in cui la speranza sappia farsi anche progetto, la preghiera anche denuncia, la condivisione anche sacrificio”. Zavoli insiste: “Chiara lascia ogni giorno nel mondo testimonianze memorabili, fatte proprie persino da confessioni diverse, suscitando un’ammirazione che è l’eco stessa dello spirito di Assisi, secondo cui non c’è più un pulpito, un inginocchiatoio o uno stuoino, dal quale una preghiera – se rivolta al Dio dell’ut unum sint – possa salire più in alto di altre. Ecco perché Chiara – conclude – è oggi una presenza insostituibile tra chi opera non solo con la preghiera, ma anche con il richiamo alle responsabilità e ai compiti della politica, agli strumenti dell’economia, ai mezzi della conoscenza per una non più rimandabile rigenerazione del mondo in senso umanistico, vale a dire di un impegno, nelle sue premesse, fondamentalmente etico”. Strumenti d’unità e fraternità Naturalmente il clou della manifestazione è il discorso di Chiara Lubich ai cinquemila della fiera. Dirà Flavia Prodi alla conclusione: “Si ha la sensazione che colga in anticipo delle tendenze che diventano più tardi i veri problemi. Qualche volta è difficile capirle, perché il linguaggio di Chiara è sempre impegnativo; parole come amore, fraternità, unità, qualche volta fanno paura. Però sono le parole necessarie, e insieme colgono i problemi che credo siano poi quelli che rifaranno funzionare il mondo in cui viviamo”. Chiara Lubich parla ai politici e ai semplici cittadini. Nel suo pensiero la fraternità è ormai una esigenza dell’umanità. È inscritta nel Dna dell’uomo, come hanno evidenziato grandi uomini, a cominciare da Gesù stesso, l’uomo- Dio. Se è un bisogno dell’umanità, è altrettanto naturale che i politici abbiano a che fare con essa. Ma come raggiungere una vera fraternità universale? Ci sono vari strumenti: sono i movimenti ecclesiali, che sanno dialogare con tutti, in modo laico. Altro strumento è il Movimento dell’unità, che si rivolge esplicitamente ai politici, portando l’amore fraterno nei palazzi della cosa pubblica, fino all’esigenza di amare il partito altrui come il proprio, di amare la patria altrui come la propria. E conclude Chiara Lubich considerando “l’umanità come un unico corpo nel quale tutti gli uomini sono affratellati. L’umanità è prima di tutto una cosa sola”. Piero Damosso, giornalista del Tg1, presentatore della manifestazione, commenta così il discorso: “Siamo abituati purtroppo a ritenere che una cosa sono gli ideali che si possono proclamare nella cultura, nella politica, nella comunicazione, e poi altra cosa è viverli veramente. Quello che invece parte dalla giornata di oggi è che questo ideale della fraternità e dell’unità si può davvero vivere a cominciare da subito”. Concretezza Oltre le parole, sul palco della Fiera di Rimini si vede concretezza. In particolare una delle tante realizzazioni del focolare, la cittadella di Loppiano, che si presenta con una sfilata di un centinaio di suoi abitanti, provenienti da una trentina di paesi, vestiti con gli abiti tradizionali delle loro terre. Cosa di più diverso e cosa di più unito? E concretezza della fraternità è anche l’Economia di Comunione (su cui nel mattino c’era stato un importante convegno, come si legge di seguito), di cui parla il prof. Stefano Zamagni. Come ci dirà al termine della manifestazione, “quello di Chiara è un discorso di grande forza e di grande valenza. Mi auguro che da esso possano derivare delle implicazioni, in particolare il concetto declinato in maniera nuova da Chiara della fraternità come strumento di azione politica. Questo messaggio, se opportunamente tradotto nel lessico del linguaggio politico, potrebbe avere degli effetti veramente dirompenti, nel senso cioè di far avviare le società cosiddette occidentali nella via della pace e dello sviluppo”. Una nuova categoria di pensiero. Un passaggio del discorso pronunciato da Chiara Lubich il 22 giugno alla fiera di Rimini. Oggi il mondo tende all’unità. ( ) La globalizzazione economica e finanziaria ha intrecciato tutti i nostri interessi, che non sono più separati fra di loro: ciò che accade in un paese può avere ripercussioni materiali immediate in molti altri paesi. Ancora: esistono problemi che interessano l’umanità nel suo insieme, che nessun popolo può affrontare separatamente dagli altri. Basti pensare ai grandi temi che coinvolgono la comunità internazionale in questo periodo: la questione ambientale e in particolare l’ecologia umana, lo sviluppo e l’alimentazione, le problematiche riguardanti il patrimonio gene- tico dei diversi gruppi umani. Oggi non è più l’epoca dei soli diritti individuali, né solo dei diritti sociali di una categoria: la nostra è l’epoca dei diritti e dei doveri dei popoli e dell’umanità. Viviamo dunque in un mondo che davvero è diventato un villaggio: complesso e nuovo, ma un villaggio. L’umanità vive oggi come fosse un piccolo gruppo. Ma, a differenza dei piccoli gruppi di una volta, non è ancora riuscita a sviluppare sufficientemente un pensiero capace di rispettare le distinzioni mentre comprende la fondamentale unità. I concetti tradizionali di razza, religione, cultura, stato, si infrangono davanti alla complessità della situazione. Ebbene, è proprio la fraternità la categoria di pensiero capace di abbracciare quell’unità e quella distinzione cui anela l’umanità contemporanea. Lo stesso Giovanni Paolo II, parlando al corpo diplomatico il 10 gennaio 2000, ha eletto la fraternità a criterio di giudizio del secolo appena trascorso. ( ) Si è chiesto: “Questo secolo è stato anche quello della fraternità?”.