Per fortuna ci sono le donne
Con la prova in linea si sono conclusi a Copenaghen i campionati del mondo di ciclismo. Rassegna iridata agrodolce per la spedizione azzurra
Questa volta sono state loro, le donne, ad aver “salvato” l’Italia. A dimostrarlo sono i risultati, ma pare che l’altra sponda del ciclismo nostrano, quella colorata di rosa, abbia una marcia in più rispetto ai più blasonati e ricchi maschietti: l’empatia, la capacità di mettersi nei panni dell’altro. Dote fondamentale, per capire ciò che una persona desidera. Alla partenza della gara sabato scorso, le azzurre del pedale, sapevano che il desiderio fervente del loro capitano Giorgia Bronzini, era quello di concedere il bis iridato dopo la vittoria al mondiale 2010 disputatosi a Geelong in Australia.
Rudyard Kipling, celebre scrittore indiano, scrisse nella sua opera Racconti semplici dalle colline: «L’intuizione di una donna è molto più vicina alla verità della certezza di un uomo». È bastata l’intuizione, alle donne della nostra Nazionale Élite, per capire che ce la potevano fare ancora una volta ad acciuffare la maglia iridata. Eh sì, perché sul gradino più alto del podio ci è salita ancora una volta Giorgia Bronzini da Piacenza, ma subito dopo la cerimonia protocollare a far festa sono arrivate tutte le altre compagne: Monia Baccaille, Alessandra D’Ettorre, Elisa Longo Borghini, Noemi Cantele, Valentina Scandolara, Tatiana Guderzo Elena Cecchini. Ognuna, ha gettato il mattone per costruire il successo altrui, permettendo così alla Bronzini di aver quel “qualcosa di più” contro avversarie esperte e scaltre come la coriacea Ina Teutenberg (3°) e Marianne Vos (2°), al quinto argento mondiale di fila.
Giorgia alla vigilia, dopo un 2011 difficile, l’aveva promesso: “Parto per vincere”. E’ bastata quella intuizione descritta da Kipling, unita forse a una buona dose di empatia a condire il tutto e la gara delle azzurre è stata ancora una volta perfetta. D’altronde, se il gentil sesso a pedali di casa nostra conquista il quarto titolo iridato in cinque anni, qualcosa di straordinario da qualche parte ci sarà.
Arriva “Cannonball” Come un folletto è uscito dalla mischia a cento metri dall’arrivo e come una palla di cannone ha travolto tutto e tutti: Mark Cavendish, detto “Cannonball”, per via delle sue volate caratterizzate da guizzi e accelerazioni fulminanti, è il nuovo campione del mondo dei professionisti. Non capita spesso ad un velocista di correre un campionato del mondo veloce, dal profilo altimetrico relativamente facile. Mark non si è lasciato sfuggire l’occasione, ha colto l’attimo e ha vinto il suo appuntamento con la storia.
Una carriera cominciata all’età di sedici anni, quando Mark chiude definitivamente i libri di scuola, per andare a lavorare come cassiere in una banca del suo paese, Douglas, cittadina dell’Isola di Man, situata tra il Regno Unito e l’Irlanda. Una terra “veloce” già per tradizione, visto che ogni anno sulle strade mannesi si disputa il celebre “Tourist Trophy”, gara motociclistica di superturismo riservata alle moto di serie.
I soldi racimolati in qualche mese di lavoro, servono a Mark per finanziare il suo viaggio a Manchester e l’ingresso nell’accademia di ciclismo della nazionale britannica. Da qui, la storia narra di successi di tappa al Giro d’Italia, al Tour de France e alla Vuelta, oltre a due campionati del mondo su pista nella corsa a punti (2005 e 2008). Per dare un idea chiara del valore di Cavendish, il suo palmares in sei anni di professionismo vanta 114 vittorie. E se pensiamo che il “Golden Boy” dell’isola di Man ha solo 26 anni, il futuro in bicicletta è ancora tutto da scrivere.
Ieri a Copenaghen, ha vinto (si spera), anche il ciclismo pulito. Mark, al nascere di ogni scandalo doping nel mondo delle due ruote, non è mai stato zitto e ha sempre dichiarato a chiare lettere la sua opinione dimostrando il suo rifiuto per le scorciatoie e l’amore incondizionato per la bicicletta. Nella gioia di Cavendish si trova anche il rammarico di vedere gli azzurri fuori dall’ordine d’arrivo. Solo 14° Daniele Bennati, in una corsa dove si poteva sicuramente essere protagonisti. Il ciclismo però è una ruota che gira…