Per favore, mordimi sul collo!

I vampiri di Twilight appassionano i giovani. Ma si sono modernizzati…
Vampiri

Sugli scafali delle librerie, i vampiri, che sonnecchiavano in qualche castello sperduto della Transilvania, da un po’ di tempo sono tornati baldanzosamente in mostra. Motivo? La Saga di Twilight di Stephenie Meyer, che dal 2005 ha stregato il pubblico giovanile anche grazie alle fortunate trasposizioni cinematografiche. I vampiri, invenzione mitologica, hanno un lungo curriculum che affonda le radici nella preistoria per approdare poi alla civiltà post rinascimentale. Ne è testimonianza il fatto che un personaggio “illuminista” come Voltaire nel suo Dizionario filosofico scriveva: «I vampiri erano cadaveri che uscivano dalle loro tombe la notte per succhiare il sangue dei vivi, sia dalle loro gole che dai loro stomachi, e poi tornavano nei loro cimiteri. Le persone a cui succhiavano il sangue si indebolivano, divenivano pallide e iniziavano a consumarsi, mentre i cadaveri che succhiavano il sangue prendevano peso, la loro carnagione si faceva rosea e godevano di un grande appetito. Fu in Polonia, Ungheria, Slesia, Moravia, Austria e nella Lorena che i morti poterono così gioire».

 

I vampiri sono stati associati ai pipistrelli, per un semplice fatto: sono animali della notte. La parola pipistrello viene da un termine latino che significa proprio «animale vespertino», cioè della sera. I pipistrelli infatti, non molto dissimilmente da alcuni nostri figli, amano dormire abbondantemente durante le ore di luce del giorno e uscire allo scoperto con il buio della notte, che diventa il loro autentico spazio vitale. Che sia anche questa associazione “vespertina” a decretare il recente successo dei vampiri? Chissà! Comunque il fascino dark di pipistrelli e vampiri è indubbiamente legato alle cupe atmosfere notturne, foriere d’imprevedibili e sconvolgenti eventi dell’orrore.

 

Dal pipistrello al vampiro il passo però è assai lungo: i pipistrelli si cibano d’insetti, frutta e polline; solo una specie che vive nell’America centrale e in quella meridionale succhia il sangue di animali domestici. Chi fece diventare l’associazione tra pipistrello e vampiro un vero fenomeno culturale non aveva in mente i mammiferi sudamericani, ma era guidato dalla sua potente fantasia di scrittore. Si tratta dell’irlandese Bram Stoker che nel 1897 scrisse il romanzo Dracula. Egli riprese alcune leggende passate e diede voce «allo stato d’ansia di un’epoca», la sua epoca vittoriana così perbenista di facciata. Da allora i vampiri sono fedelmente con noi. Nel romanzo di Stoker il conte Dracula era un enigmatico nobile nato in un misterioso castello nel cuore dell’attuale Romania: egli, nelle tenebrose nebbie notturne, si trasformava in una malvagia e tetra creatura dai lunghi denti canini, avida di cibarsi di sangue umano per prolungare la sua scellerata esistenza.

Il romanzo, che tanto impressionò i contemporanei fino a provocare una vera isteria collettiva, riesumava dal passato passioni primitive e credenze disumane: che si possa sopravvivere cibandosi dell’essenza vitale di altre creature. Il conte Dracula influenzò ampiamente tutta la vasta produzione vampiresca successiva.

 

Ora però, nei romanzi della Meyer e nei film che ad essi si rifanno, i vampiri sono cosa un po’ diversa. Pur facendo gioco sul loro ineluttabile fascino gotico, i vampiri di Twilight non sono i mostri esecrabili e orripilanti del passato. Si sono modernizzati. Come tanti nella società d’oggi, hanno investito sull’apparenza, sul look. Sono diventati più umani e decisamente più belli, pur mantenendo quel pallore che contribuisce tanto al loro fascino sexy. Non abitano in isolati castelli diroccati ma frequentano discoteche. Sono decisamente politically correct. Sono vampiri inconsapevolmente, vampiri loro malgrado. Sono decisamente vegetariani. Cercano l’amore. Anche il bere sangue della vittima non è un atto mostruoso, ma il desiderio di penetrare appieno nell’altro. Quasi un atto d’amore carnale.

 

Il tema dei racconti di Twilight è dunque sempre e solo l’amore, incastonato in una cornice quasi-dark, lievemente paranormale, che ne contribuisce alla fortuna da botteghino. Da ciò derivano gl’innumerevoli tentativi di emularlo. Tutto qui il nuovo fenomeno vampiri. Un pugno di dollari. Come capita spesso ai nostri giorni. Pensando all’ironico film di Polanski del ’67, Per favore, non mordermi sul collo!, autentica parodia del macabro filone vampiresco, viene perciò da riformularne il titolo. I nuovi vampiri non sono più quelli d’una volta: sono affascinanti e fatali, si può solo implorarli: per favore, mordimi sul collo!

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