Per chi votano i focolarini?
Domanda seria ed impegnativa che richiede una risposta altrettanto seria ed impegnativa. Chi è abilitato a rispondere? Non ci sono dubbi, in primo luogo l’attuale Presidente del Movimento dei Focolari, Maria Voce (Emmaus).
Lo fa, quasi in apertura del recente libro-intervista La scommessa di Emmaus di P.Loriga e M.Zanzucchi (Città Nuova), allorché le viene chiesto senza circonvoluzioni dialettiche: «Il Movimento dei Focolari è conservatore o progressista? E’ di destra o di sinistra?».
La risposta è altrettanto esplicita e non dà adito ad interpretazioni dietrologiche: «Siamo sempre in costante ricerca della nostra identità, in un continuo divenire. Ma di sicuro vogliamo essere un popolo del Vangelo, con una conseguente radicalità. In questo orizzonte vitale, destra o sinistra, progressisti o conservatori mi sembrano categorie decisamente parziali. Se siamo un popolo del Vangelo, questo ci spinge a cercare in un conservatore qualcosa di buono da mettere in luce; così altrettanto troveremo in un progressista. Non per questo saremo conservatori o progressisti. Cercheremo con l’uno e con l’altro di costruire qualcosa di valido, una relazione che valga la pena di essere vissuta con tutti, al di là di qualsiasi definizione».
Potrebbe bastare. Ma per rafforzare il suo pensiero, Maria Voce ricorda agli intervistatori come il Movimento dei Focolari «non solo nato dal Vangelo, ma che continua a nascere dal Vangelo e a vivere il Vangelo come suo stile, come sua caratteristica», questo fa «anche al di là delle appartenenze confessionali». Con ciò sottintendendo che il carisma dell’unità, nato nel ceppo della Chiesa cattolica (il che, precisa Emmaus, «ha logicamente la sua importanza e la sua efficacia»), ha via via composto in questo “popolo” del Vangelo” – presente in 182 Paesi, con oltre due milioni di aderenti – un mosaico con membri di altre confessioni cristiane, di credenti di altre religioni ed anche di persone di buona volontà senza un riferimento religioso. Ben più che destra e sinistra sul versante politico.
E dunque? Sarebbe davvero improprio voler “incasellare” politicamente un Movimento internazionale, ecumenico ed interreligioso, aperto al dialogo e all’accoglienza delle altre culture, in una posizione “di parte” (un partito, uno schieramento) in una particolare delle nazioni (l’Italia) in cui è presente ed opera. Vorrebbe dire snaturarne l’identità universale ed inclusiva che promana dal suo carisma: l’ut unum sint, “che tutti siano uno”.
Qualcuno tornerà ad insistere: sì, va bene, siete una realtà complessa e plurale. Ma alla fine, anche voi andrete alle urne. Volete dirci per chi voteranno alle prossime elezioni i ‘focolarini’ in Italia? Semplice. Essendo cittadini come tutti gli altri, faranno uso del discernimento personale e comunitario, esaminando i progetti e valutando i programmi, comparandoli; passeranno al setaccio le liste (purtroppo ancora “bloccate” dal Porcellum), alla ricerca della prevalenza di presenze di candidati affidabili e dalle storie personali trasparenti, cui affidare i destini del Paese.
Alla fine, alcuni sceglieranno di votare liste di destra; altri liste di centro; altri ancora liste di sinistra. Senza scandalizzare alcuno, per questo. Non solo – è accaduto in passato e non è escluso che torni ad accadere alle prossime elezioni -, che vi siano anche candidati, che appartengono al Movimento, presenti in liste diverse e contrapposte. A titolo strettamente personale e senza minimamente impegnare il Movimento in quanto tale. Ciò non provocherà turbamenti o fratture all’interno delle comunità, che rimangono un cuor solo ed un’anima sola per il reciproco amore di cui giorno per giorno si nutrono.
Diaspora e non divisione, che è altra cosa. La prima (dià-spèirein =seminare qua e là’) ricorda il destino del lievito nella massa e del sale della terra, che è proprio quello di essere sparsi qua e là; mentre la divisione (che richiama il diàbolos=colui che divide), disgiunge persone che erano unite e costituivano un insieme unico, provocando lacerazioni e ferite difficili da risanare. Proprio l’esatto contrario dell’amore vicendevole.