Pensiero complesso, fraternità e “miglior politica”
Il pensiero che emerge dalla Fratelli tutti trova alcune affinità elettive con il pensiero complesso di Edgar Morin e Mauro Ceruti. Unità nella diversità, fraternità coesistono, ad esempio, nella visione dell’Europa una e molteplice: «…per pensare l’Europa non si può dissociare la sua molteplice diversità dalla sua unità, indicando che l’Europa da edificare… dovrà essere quella dell’unità nella multiculturalità» (Edgar Morin, La danza della complessità, Mimesis, 2023, p.20).
Filosofia e politica, scienze della complessità e nuovo popolarismo hanno in comune un orizzonte: la complessità della vita rispetto alle grandi ideologie del pensiero dell’epoca moderna. Sono quindi più adatte all’attraversamento di questo difficile cambiamento d’epoca. Comune è la tendenza verso un nuovo umanesimo, collocato in un processo di mondializzazione, di interdipendenza planetaria, sotto la guida del motore scienza/tecnica/economia. Intelligenza artificiale, algoritmi spingono verso un uomo aumentato ma per nulla migliorato.
Grandi catastrofi incombono sull’umanità: degradazione della biosfera e riscaldamento climatico, migrazioni bibliche, proliferazione delle armi, guerre, rischi di disintegrazione della società. Per questo abbiamo bisogno di un pensiero complesso, in grado di farci scoprire una comunità di destino planetaria, che si vede chiaramente attraverso la Laudato si’. Deve emergere il prima possibile una nuova umanità capace di costruire una civiltà della Terra in grado di garantire convivenza e pace (cf. Fratelli tutti). È necessario uscire dalla Modernità con l’autosuperamento della ragione e la lettura della complessità storica, politica e antropologica dell’epoca contemporanea. Possiamo comprendere che punti di vista differenti si producono reciprocamente. Nell’era dell’Antropocene dobbiamo ricondurre i nostri comportamenti alla sobrietà, alla “co-trasformazione”, coevolutiva consapevole con la natura.
Per Ceruti l’umanità planetaria ha bisogno di una nuova intelligenza tecnica e politica. La vera alternativa ormai è tra complessità e semplificazione, tra populismi e popolarismo, possiamo affermare seguendo papa Francesco: «Questo movimento a spirale è, peraltro, inevitabile nel caso del “filosofo della complessità”, per il quale la sfera antropo-sociale si deve radicare in quella biologica e la sfera vivente nella physis ma anche, inversamente, si devono radicare i saperi scientifici in una cultura, una società, una storia, una umanità» (op.cit. p.65).
Possiamo notare il sorgere, con Morin, Ceruti ed altri, di una nuova filosofia storico-sociale e politica o della complessità, dall’altro una profonda innovazione della Dottrina sociale della Chiesa con papa Francesco, attraverso l’ecologia integrale ed un nuovo popolarismo in grado di sfidare i populismi dilaganti. Seguendo queste visioni, in modo sintetico si può dire che siamo chiamati a reinventare l’umanità ad un bivio decisivo della sua storia. Possiamo chiamare questa svolta prima dell’abisso una “civiltà dell’amore” o “civiltà della Terra-Patria”, a seconda delle sensibilità. Per questo vanno favorite contaminazioni reciproche, relazioni di amicizia tra persone, saperi, istituzioni. Si tratta di pensare insieme un pensiero complesso.
Il punto è che ci troviamo di fronte a tre sfide, quella ecologica, quella della complessità, quella della politica, in un’epoca che tende a vivere per il presente dimenticando il passato e il futuro. La risposta che può dare il nuovo umanesimo ha un nome: fraternità universale (cf. enciclica Fratelli tutti e M Ceruti, F. Bellusci, Il secolo della fraternità. Una scommessa per la Cosmopolis, Castelvecchi, Roma 2021).
LA MIGLIOR POLITICA NEL SECOLO DELLA FRATERNITÀ
“La miglior politica”, capitolo quinto di Fratelli tutti, al punto 156, pone l’alternativa “Popolare o populista”: «Negli ultimi anni l’espressione “populismo” o “populista” ha invaso i mezzi di comunicazione e il linguaggio in generale. Così essa perde il valore che potrebbe possedere e diventa una delle polarità della società divisa… (157). La pretesa di porre il populismo come chiave di lettura della realtà sociale contiene un altro punto debole: il fatto che ignora la legittimità della nozione di popolo. Il tentativo di far sparire dal linguaggio tale categoria potrebbe portare a eliminare la parola stessa “democrazia” (governo del popolo”)… (159). Ci sono leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze della società… Ma esso degenera in insano populismo quando si muta nell’abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere. Altre volte mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione».
Per papa Francesco quindi, i populisti tendono a deformare la parola “popolo“. Il concetto giusto è invece quello di un soggetto vivo, dinamico, proiettato verso un futuro aperto a nuove sintesi, in grado di accogliere ciò che è diverso, pronto ad essere arricchito da altri. La buona politica tende a «progredire in un impegno arduo e costante che offra alle persone le risorse per il loro sviluppo, per poter sostenere la vita con i loro sforzi e la loro creatività (161). Essere parte di un popolo significa allora far parte di una identità comune, fatta di legami sociali e culturali. Ci sono leader popolari capaci di interpretare e servire il bene comune di un popolo mentre il disprezzo per i deboli può nascondersi in forme populistiche che li usano demagogicamente per i loro fini, o in forme liberali al servizio di interessi economici dei potenti (155). Il lavoro pertanto è ciò che è veramente popolare perché permette alle persone di realizzarsi, di inventare, di avere dignità sociale. La mancanza di lavoro è la peggiore povertà» (162). Molto importanti per papa Bergoglio sono i movimenti popolari «che aggregano disoccupati, lavoratori precari e informali e tanti altri che non rientrano facilmente nei canali già stabiliti» (169).
Di quale politica allora c’è bisogno? Di una sana politica che apre la via della fraternità e della pace. Per questo c’è bisogno di una visione ampia e capace di integrare i diversi aspetti della crisi. Morin e Ceruti direbbero che c’è bisogno di un pensiero complesso; Coda, Donà, Maspero ed altri di un pensiero fondato sulla Ontologia trinitaria. Politica, che è visione e vocazione, non è una brutta parola, a causa della inefficienza e della corruzione di alcuni politici. È grande se sa pensare al bene comune e anche a quelli che verranno dopo, se non è sottomessa all’economia e alla tecnocrazia (177-179). Concetti simili sono espressi da Ceruti e Bellusci: «Il tempo della complessità può essere il tempo della fraternità. Nel nostro sistema planetario, trasformato da un rapido e simultaneo aumento di potenza tecnologica e di interdipendenza, tutto è necessariamente in relazione. La pandemia ha messo in evidenza che nessuno si salva da solo: la fragilità ci accomuna. La fraternità rimane la promessa mancata della modernità che però potrà essere la protagonista del XXI secolo, dopo che la libertà e l’eguaglianza lo sono state nei secoli XIX e XX. E se queste si sono affermate, pur ancora debolmente, attraverso il conflitto sociale e con la mediazione del diritto, la fraternità deve diventare un modo di esserci dell’umano. Essa si fonda sul sentimento di una mutua appartenenza e si vive nella coscienza di far parte della stessa comunità e di agire in questo senso. Oggi, per la prima volta nella storia dell’umanità la fraternità può diventare, nel pericolo che tutti accomuna, concretamente universale» (op.cit., presentazione).
Così il terzo principio dimenticato della Rivoluzione francese può trovare applicazione. Sarà il secolo della fraternità, valore non solo cristiano o spirituale. Una fraternità che dovrà misurarsi con i conflitti, le diversità, le mediazioni. La politica in tal modo potrà essere quel “gusto per l’avvenire” di cui parlava Max Weber, riconfigurando però nuovi paradigmi. Senza questi, la minaccia di nuove guerre e violenze, di dominio della tecnoscienza, di saperi parcellizzati è sempre incombente.
Sono inoltre indispensabili i processi educativi alla fraternità per realizzare una “cultura planetaria”. Il dovere umanistico oggi, afferma Morin, è il dovere della fraternità in una comunità di destino mondiale. Se l’amicizia può tenere insieme la polis, per Aristotele, la fraternità può reggere la Cosmopolis per Morin, Ceruti, papa Francesco, Piero Coda e altri.