Pellicole alla ricerca di verità

Greenzone e L’uomo nell’ombra esplorano due vicende di pressante attualità: la guerra in Iraq e la vita politica di un ex primo ministro. Ad indagare sono le riprese di Greengrass e Polanski
Uomo nell'ombra

Il cinema ritorna su un tema ormai classico: cosa c’è di vero e cosa di falso nella politica e negli interventi militari? Questa volta sono due film che, pur con racconti e situazioni diversi, rivisitano il medesimo argomento.

 

Il primo è Greenzone, protagonista un bravo Matt Damon, regia di Paul Greengrass. Oltre due ore di suspence per un thriller ambientato in Iraq, nella situazione estrema di un soldato alla ricerca delle postazioni dove dovrebbero trovarsi le armi di distruzione di massa (ADM). Menzogne e verità tra ufficiali americani e collaborazionisti iracheni si intrecciano lungo un racconto morale di forte tensione in cui il bene sembra alla fine prevalere, ma a prezzo di dolore e di morte. Certo, l’America non ha paura di guardare l’altra faccia del conflitto iracheno e addirittura di guardarsi al suo interno, anche se poi la linea di confine del film tra il politicamente corretto e l’ansia di verità è fragilissima. Matt Damon, il protagonista, è l’uomo retto, dalla coscienza pulita, che si rifiuta di essere uno strumento dell’obbedienza cieca ma cerca, a suo rischio, la verità.

Ritmo, colpi di scena (qualcuno prevedibile), dialoghi nervosi non mancano e il thriller ne esce abbastanza bene. Anche se forse i regista avrebbe potuto osare di più. Ma, forse, non ha potuto?

 

Orso d’argento all’ultimo festival berlinese, L’uomo nell’ombra di Roman Polanski è un trhiller politico, con la vicenda del “ghostwriter” (Ewan McGregor) che accetta di completare le memorie dell’ex Primo Ministro britannico Adam Lang (Pierce Brosnan). L’uomo di stato, che vive una doppia vita di falsa immagine di onestà e dirittura morale, isolato (apparentemente) dall’agone politico, si rivela in realtà per quello che è non solo lui, ma, secondo Polanski, chi fa politica: un campione di doppio gioco, un amorale. L’atmosfera è tetra, i rapporti familiari ambigui  e gli scontri fra la moglie e l’amante sono micidiali. Una fotografia fuligginosa e, nei momenti luminosi, si direbbe sfacciata, esprime chiaramente l’aria torbida della falsità. Lo scrittore cerca e trova la verità, e per una volta qualcuno fa giustizia, anche se sommaria. Girato ad incastri episodici oliati e ben recitato è un po’ scontato nel finale: il film di Polanski resta comunque il lavoro di un regista dall’ottima mano. Anche per lui, la verità è rischiosa da trovare: ne può andare della stessa vita.

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