Pechino e polemiche: cosa accade in casa Italia?

Numerose le polemiche innestate sin dai primi giorni alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022: ripercorriamo le due principali ricostruendone ragioni e vicende.
Matteo Marsaglia (AP Photo/Luca Bruno)

Marsaglia, Innerhofer e le convocazioni al Super G
«Io posso solo ringraziare il Coni, le Fiamme Gialle e la Federazione per essere andato a questi Giochi nonostante i pochi posti che avevamo. Sicuramente non l’ho rubato a nessuno perché se si guarda il criterio di qualificazione comunque sono stato io il settimo atleta. Quindi le cose erano super chiare. Spazio ai giovani? I giovani hanno fatto vedere pochissimo in Coppa del mondo quindi secondo me era ben giusto portare gli atleti che c’erano». È l’ultima dichiarazione del fine settimana così Christof Innerhofer, rientrato in Italia dopo la delusione delle Olimpiadi, in merito a una polemica nella squadra maschile azzurra di sci alpino, cui non sono arrivate medaglie, innescata dal compagno di squadra Matteo Marsiglia, che dopo qualche giorno dall’inizio dei Giochi aveva dichiarato senza patemi che il direttore sportivo Massimo Rinaldi gli avrebbe chiesto di rinunciare a disputare il superG in modo da poter lasciare il posto a Mattia Casse. Ai Giochi è possibile infatti sostituire un atleta con un connazionale soltanto in caso di un infortunio o positività al Covid, ma evidentemente non era il caso di Marsaglia, il quale avrebbe dovuto dichiarare il falso.

Mattia Casse (AP Photo/Luciano Bisi)

Lo sfogo del 36enne laziale riportato dai colleghi della Gazzetta dello Sport: «Ho spiegato che non possono farlo. Dovrei dire che sto male, dichiarare il falso? Non si scherza con queste cose. E per cosa? Per riparare gli errori di chi ci ha portato ad avere solo sette posti ai Giochi per l’Olimpiade? Gente che cerca di salvarsi sulla pelle degli atleti?». L’azzurro aveva quindi proseguito: «Per andare ai Giochi sarebbe servito un podio o un piazzamento tra i primi 5, o ci sarebbe stata una scelta tecnica. Il piazzamento tra i primi 5 io ce l’ho… Se poi non vogliono che io gareggi, non gareggio, ma il mio pass non lo lascio, al massimo scenderanno in due (Paris e Innerhofer, ndr.). Provano a mettermi contro Mattia Casse, che è mio amico e per il quale dovrò fare il testimone di nozze. Non ci riusciranno. Sono quattro anni che cercano di farmi smettere, dovrei fare loro un favore del genere?». Parole durissime però smentite dall’imputato Rinaldi: «A Matteo non ho chiesto un bel niente, tantomeno di dichiarare il falso. Sarebbe una follia che avrebbe conseguenze legali anche a livello del Comitato olimpico italiano. Detto questo, nella stagione in corso Matteo Marsaglia ha ottenuto un quarto posto in discesa, mentre nella classifica del superG è al 39° posto. Il pettorale in discesa se l’è strameritato e in gara lo ha dimostrato, ma credo di avere il diritto di far notare che sul piano tecnico non si può dire la stessa cosa per il superG, sperando ovviamente che domani mi smentisca. Tra l’altro la partecipazione all’Olimpiade non dà automaticamente il diritto a partecipare a tutte le proprie gare».

E il terzo imputato? Casse non era stato convocato per i Giochi, lamentandosene sui social network, ma successivamente era stato chiamato in Cina sperando in una ricollocazione, poi non avvenuta: «Matteo non è solo un compagno di squadra, ma un caro amico: è a Pechino per gareggiare ed ha il sacrosanto diritto di sfruttare la sua convocazione. Sono arrivato in Cina sperando di riuscire a recuperare una quota dalla riallocazione tra stati; in cuor mio, confidavo nell’annullamento delle gare di Dubai, Kolasin e Malbun che, non è un segreto, sono state organizzate per perseguire scopi diversi da quello sportivo. Come me altri atleti che dedicano la loro vita a perseguire il sogno olimpico, sono rimasti esclusi a causa di pass olimpici assegnati “in questo modo”. Mi auguro davvero che questa ingiustizia non si ripeterà, per rispetto degli atleti e dello sport». «Mi sembra una cosa vergognosa e che va contro tutti i valori che lo sport mi ha insegnato in questi anni e che spero che insegni a tanti ragazzi, perchè prima di diventare dei grandi campioni bisogna diventare dei grandi sportivi». Ha ribadito nei confronti della Federazione Mazzaglia, che a Pechino è stato comunque il migliore dei suoi per piazzamento.

Arianna Fontana Foto LaPresse/Marco Alpozzi

Fontana al veleno: «Se non cambierà, non ci sarò ancora»
Che vi sia poca serenità nel gruppo azzurro, lo avevano tuttavia confermato anche le dure dichiarazioni di Arianna Fontana, oro olimpico sui 500 metri dello Short Track: «Se le cose non cambieranno, non parteciperò come atleta a Milano-Cortina, nel 2026: non rimetterò me stessa, il mio allenatore, la mia famiglia nella situazione in cui sono stata fino ad ora». Il suo riferimento è alle critiche giunte dalla Federazione per la scelta del marito Anthony Lobello come tecnico personale: «Rimango convinta della decisione di volere Anthony come allenatore – ha ribadito la campionessa valtellinese: – l’oro di Pechino ha dimostrato che non mi ero sbagliata. Nella prima stagione dopo Pyeongchang 2018 ci sono stati atleti maschi che mi bersagliavano sul ghiaccio, facendomi cadere e provando ad attaccarmi ogni volta che ne avevano l’occasione. Non era sicuro per me in quel momento allenarmi con il team in Italia. Questo è uno dei motivi per cui me ne sono andata in Ungheria». Il cielo non è proprio azzurro, in casa azzurra: per il bene di tutto lo sport invernale nazionale, è bene iniziare a fondo i panni sporchi, frontalmente e radicalmente.

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