Patto etico per la Sicilia

Il Tg3 lo inserisce tra i titoli di apertura. Alcuni quotidiani locali parlano dell’avvenimento con dovizia di particolari, un diffuso quotidiano regionale sceglie invece di passare sotto silenzio la notizia. E questo, forse, non è un caso, quando l’argomento riguarda un progetto tra etica e politica.. Accade anche questo in Sicilia. C’è un’isola del malgoverno e del malvezzo, di chi frequenta le zone grigie della contiguità mafiosa, ma ce n’è un’altra che lotta, strenuamente, per risalire la china. La voce di questa Sicilia si è fatta sentire a Palermo, nel Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale siciliana. Lì, nella Sala Gialla, si sono incontrate oltre 200 persone, tra rappresentanti delle istituzioni, esponenti del mondo accademico e della cultura, parlamentari, dirigenti di partito, un ministro e un sottosegretario della Repubblica. L’occasione era ghiotta ed il tema allettante. Veniva presentato il Patto eticopolitico per la Sicilia. La proposta non poteva lasciare indifferenti. Anche perché tra poco, in prospettiva delle elezioni del 2006 – e qui in Sicilia riguarderanno sia le politiche nazionali, sia le regionali – prenderanno avvio le schermaglie preelettorali e la scelta dei candidati. L’iniziativa del Patto è sorta dal basso, è partita dalla vita. L’idea è nata nell’autunno scorso, durante la terza edizione di Luci dal Mediterraneo, a Marsala, una manifestazio- ne politico-culturale che punta a costruire idealmente ponti di pace tra i popoli del Mediterraneo. Lì, nelle sessioni dedicate ai convegni, l’analisi della situazione politica siciliana emerge drammaticamente. Ed il bisogno di ridare regole alla politica sfocia nella proposta, sostenuta da parlamentari dei due schieramenti, di dar vita ad un patto etico di comportamento da sottoscrivere – si auspicarono – tra le diverse posizioni di appartenenza politica e culturale, con le organizzazioni sociali ed economiche, con la gente, per conferire alla politica un alto valore morale. Si trattava di avviare una nuova stagione culturale, di ripensare la politica. Ma chi poteva scrivere le regole di un patto del genere? È il parlamentare diessino Beppe Lumìa, componente della Commissione nazionale antimafia, a suggerire di affidare questo compito al Movimento politico per l’unità, che da alcuni anni promuove incontri periodici a Palazzo dei Normanni sui temi della fraternità in politica. Seguono mesi di lavoro certosino, costante, con la collaborazione di tanti, parlamentari e non. Alla fine, ecco il documento, che viene presentato a Palazzo dei Normanni. La data del 16 luglio è emblematica: siamo a ridosso delle celebrazioni per l’anniversario dell’assassinio (19 luglio 1992) per mano mafiosa di Paolo Borsellino, uomosimbolo della lotta alla criminalità organizzata. Dalla sua morte, così come da quella di Giovanni Falcone, la Sicilia seppe trarre nuova linfa per un’inversione di rotta, per ridare fiato alla speranza di un cambiamento possibile. Una speranza che oggi, forse, si è affievolita. Torna, pian piano, strisciante, la rassegnazione, figlia del bisogno, delle nuove po- vertà che affiorano laddove la disoccupazione è elevata e i problemi sociali sono rimasti senza adeguate soluzioni. Il Patto etico vuole riprendere quel cammino interrotto, imprimendo una nuova accelerazione. Il Patto può dare la possibilità di incamminarsi su un percorso nuovo – afferma Massimo Grillo, deputato Udc, tra i promotore dell’iniziativa -. Qualcuno ha detto che questo codice etico è molto rigoroso. Dinanzi alla storia delle vittime della mafia, io dico che è un patto necessario. E Lumìa: Il Movimento politico per l’unità ha fatto un buon lavoro. Non era facile dettare un sistema di regole in questo momento storico. Ora abbiamo un documento per riflettere sulla crisi della politica, sulla crisi delle istituzioni. Si entra nel merito del ripensare la politica. Il codice etico non è un generico appello, ma una forma rigorosa di autoregolamentazione dei partiti per selezionare candidature e classe dirigente. Gli interventi si susseguono. Voci di consenso, come quelle dei rettori delle università di Palermo e Messina, Silvestri e Tomasello, del procuratore di Palermo, Pietro Grasso. Questi, qualche giorno dopo, durante le manifestazioni ufficiali in memoria del giudice Borsellino, ricorderà ancora l’avvenimento del 16 luglio, ribadendo che è una strada necessaria. Il Patto ha lasciato il segno, anche in chi ha dichiarato di apprezzarlo, pur con qualche distinguo, come il ministro Enrico La Loggia, che ha ribadito l’opportunità che le rigide regole previste nel documento non travalichino i diritti garantiti dal dettato costituzionale. O come l’onorevole Francesco Paolo Lucchese, Udc, che ha manifestato le sue perplessità rispetto al testo della proposta. Il Patto, se fatto proprio dagli organismi politici, scardinerebbe alcuni equilibri consolidati, potrebbe mettere a repentaglio posizioni di potere e di rendita politica. Ribadisce che la democrazia parte dal basso, detta regole e suggerisce comportamenti che richiedono cambiamenti significativi. Anche le cronache di queste ultime settimane relative alle ben note vicende politico-creditizie hanno confermato la necessità di norme certe e condotte trasparenti. L’adesione al Patto etico non è affatto scontata. Perché regole che potrebbero sembrare elementari, oggi sono negate dalla prassi e dai modelli di riferimento più diffusi. Tuttavia le adesioni di parlamentari di centrodestra e di centrosinistra, e quelle di rappresentanti delle istituzioni, delle forze sociali e delle associazioni, testimoniano di un interesse diffuso del mondo politico e della società civile. Saranno uomini nuovi a fare la politica nuova – afferma Marco Fatuzzo, presidente del centro regionale per la Sicilia del Movimento politico per l’unità -. Uomini, cioè, disponibili a lasciarsi modificare dalle nuove categorie politiche e ad assumerle nella pratica quotidiana. Uomini nuovi e non necessariamente nuovi uomini, che possono apparire sulla scena politica con categorie vecchie. GLI OBIETTIVI DEL PATTO ETICO Incrementare la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica Una legge elettorale che preveda e regolamenti le primarie per la selezione delle candidature. Candidati con radicamento sociale, per favorire la massima condivisione dal basso e la scelta di persone sorrette dal consenso della comunità. Candidati rappresentativi della collettività, con un forte legame con il territorio e il tessuto culturale ed economico. I professionisti della politica, pur necessari, non possono agire da soli. La discriminante antimafia Nessuna indulgenza per le zone grigie, per le riprovevoli abituali frequentazioni con elementi delle famiglie mafiose). Selezione rigorosa delle candidature. No al voto di scambio, alimentato da promesse di soluzione ai problemi individuali e dalla ricerca del consenso con comportamenti inaccettabili. I costi della politica. Impegno a contenere i costi della propaganda, perché la politica non venga vista come una professione e non si espongano i candidati al rischio di considerare la campagna elettorale come un investimento da cui recuperare, una volta eletti, profitti ed interessi. Rispettare il patto con gli elettori. Traghettamenti e trasformismi tradiscono il patto stipulato con gli elettori. Introdurre, nella legge elettorale, norme che prevedano la decadenza dal mandato nei casi di cambiamento di partito nel corso della legislatura. Impegno dei partiti a non gratificare i politici transfughi da una formazione politica verso la propria con l’offerta di candidature o posti di governo o sottogoverno.

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