Passare all’altra riva del Mediterraneo
Nel vangelo di oggi Gesù ordina di passare all’altra riva. A metà del giorno è arrivata la notizia che il papa andrà in visita, lunedì prossimo a Lampedusa. Il vescovo di Agrigento invita tutti, in primis i politici, a non rompere la discrezione e l’intimità di questa visita, soprattutto quando il papa getterà in mare una corona di fiori per pregare per i quindicimila uccisi in mare dalla nostra indifferenza, in oltre dieci anni di sbarchi e attraversamenti del Mediterraneo.
Il papa va a Lampedusa per incontrare i migranti e per condividere con la piccola comunità dell’isola la gioia di una comunione tra poveri, che insieme spezzano il cuore e la vita.
Cosa vuol dire anche per papa Francesco il richiamo di Gesù a passare all’altra riva? Non si tratta solamente di andare sulla riva ma di passare all’altra riva. Passare cioè dalla riva dell’egoismo e del pregiudizio, dell’intolleranza e dell’inimicizia, della violenza e del rifiuto alla riva del perdono e della riconciliazione, dell’amore e della fraternità, dei diritti e della giustizia.
Questo significa la visita del papa. Egli sa bene che sull’altra riva del Mediterraneo ci sono conflitti gravi come in Siria e in Libia; tensioni sociali e politiche acute come in Egitto e Turchia; tensioni irrisolte come in Palestina ed Israele, che in più occasioni hanno portato alla guerra.
Con il suo gesto mite e povero,senza pretese e senza arroganze, il papa indica che bisogna disarmare i cuori per disarmare le mani e che non c’è alternativa alla riconciliazione e al perdono tra i popoli. Solo la pace che diventa accoglienza e giustizia può fare del Mediterraneo non un mare che divide ma un mare che unisce, non un mare che separa, ma un mare che diventa incontro di culture e di popoli.
Il papa si metterà in ginocchio davanti alle vittime sepolte in questo mare. Il loro grido muto, la loro preghiera silenziosa è salita e sale ogni giorno al cuore del Padre. Il papa ci vuole indicare che solo l’ascolto di questo grido e di questa preghiera potrà generare la nostra conversione.
Gli immigrati con il loro bagaglio di sofferenze ricordano le nostre responsabilità e le nostre complicità con una politica che uccide, mentre tanti sono stati i silenzi delle chiese e in qualche caso anche le parole sono diventate deboli e incerte.
Il papa compie per noi e con noi un gesto di penitenza per passare alla riva della solidarietà, quando la fraternità diventa legge per tutti a partire dal più piccolo dei fratelli. Con questo suo gesto, il successore di Pietro afferma che per noi il fratello più piccolo è l’immigrato, che per la violenza di una politica senza visione non è riuscito a passare all’altra riva ed è stato affogato dai marosi dell’odio .
Insieme alla comunità degli immigrati presenti nel centro il papa visita la piccola comunità dei discepoli del Signore di Lampedusa, che quando la politica urlava ha scelto semplicemente di accogliere e di condividere con il fratello più piccolo, che bussava alla sua porta. Ha fatto come nell’Apocalisse: «Io sto alla porta e busso, se tu mi aprirai, io verrò a te e cenerò con te».
Il papa celebrerà l’eucaristia con gli abitanti dell’isola ad indicare a tutti la forza eucaristica dell’accogliere e del condividere e per ricordare assieme ai giorni della sofferenza anche quelli dell’amore che non esclude nessuno, ma tutti include.
Ecco la chiesa povera e dei poveri che papa Francesco sogna come via unica per vivere il vangelo ed essere fedeli alla storia. Proprio per questo non ci dimenticheremo dell’altra riva, là dove la violenza e la guerra dominano, a partire dalla Siria e dal Medio oriente e là dove siamo chiamati a mostrare la forza dell’amore più forte della morte, ad ascoltare il grido degli innocenti e ad attendere il perdono delle vittime, che avranno la misura del perdono di Dio.