Pasquale Foresi: in fuga per la verità
Un libro da leggere tutto d’un fiato quello di Michele Zanzucchi sulla storia di Pasquale Foresi. O meglio, sui primi 25 anni della sua vita, dal 1929 al 1954: con la promessa che a questa prima parte ne seguirà una seconda, sugli anni successivi. Chiara Lubich l’aveva detto: «Per raccontare la storia di Foresi, bisognerebbe scrivere un libro, perché è una storia bellissima». Bellissima, viene spontaneo aggiungere a lettura compiuta, e insieme tanto avventurosa da apparire sorprendente.
Sapevamo che il periodo precedente l’incontro del giovane Pasquale con l’Ideale dell’unità (nel 1949) è stato assai movimentato e che poi egli è diventato un personaggio decisivo nella storia del Movimento, tanto da essere considerato, da Chiara stessa, cofondatore in parallelo col più maturo e affermato Igino Giordani. Oltre a ciò avevamo toccato con mano – lo dico per esperienza personale – la sua genialità, come sapienza e discernimento, come prassi e realizzazione storica. Né poteva sfuggire a chi lo incontrava – soprattutto, forse, negli ultimi anni – l’intensità trasparente dei suoi occhi: che lasciavano intuire la profondità di un’unione con Dio a tutta prova.
Ma le vicende della sua avventura biografica, ricostruite con il fiuto – si direbbe – del talentuoso detective, inquadrate a livello sociale ed ecclesiale con l’accuratezza dello storico, narrate con la perizia del giornalista di lungo corso, ci restituiscono una figura di spessore, ancora tutta da scoprire. Un protagonista addirittura profetico del passaggio epocale che si annuncia nel groviglio tragico del secondo conflitto mondiale, per profilarsi con ritmo incalzante nei decenni seguenti e infine dichiarare oggi la sua ineludibile effettualità e i suoi possibili connotati.
Ebbene, la biografia per nulla agiografica anche se narrata con intima e lucida empatia che Zanzucchi ci offre, risulta preziosa per almeno due ordini di ragioni. Da un lato, perché documenta e interpreta il significato di una testimonianza emblematica nella vicenda culturale e spirituale dell’Italia (e del mondo) nel trapasso tra prima e seconda metà del ’900. Dall’altro, perché mette a disposizione dei Focolari – oggi impegnati nell’attualizzazione, in fedeltà creativa, dell’ispirazione originaria e del patrimonio ereditato dalla storia – un’ermeneutica della genesi e del processo che ne hanno segnato la performance sulla scena ecclesiale e civile della seconda metà del ’900, a partire dalla testimonianza di un attore di prim’ordine come Pasquale Foresi.
L’evento decisivo di questa storia è la conversione con cui il giovanissimo Foresi, attraverso un periglioso percorso, giunge a maturare la decisione di consegnare la sua vita a Dio perché ne faccia uno strumento a servizio dell’umanità nella sequela di Gesù. Un itinerario che ricorda quello di Agostino. Non certo per lo stile del racconto: oggetto di meditata e pubblica “confessione” nel caso del Dottore di Ippona, interiorizzato e custodito nel cuore nel caso di Foresi, tanto che solo ora lo veniamo a conoscere in dettaglio. Ma per il fatto che si tratta di due testimonianze che attestano la presa del Vangelo di Gesù – e delle lettere di Paolo – sull’animo di due giovani nel momento in cui un mondo ormai passato muore e ne nasce uno nuovo. In entrambi i casi è l’incontro con Gesù – in mezzo alle peripezie della vita – a rappresentare l’approdo di una ricerca quasi spasmodica della verità.
Nel caso di Pasquale tale incontro è mediato da una persona, Chiara Lubich, e una comunità, quella agli inizi dei Focolari, in cui la presenza di Gesù si fa tangibile per dono dello Spirito. Quasi si trattasse – egli dirà anni dopo – di un sacramento vivo. Ma l’incontro è anche l’accendersi di una missione: condividere con Chiara, con la fresca vena di vita evangelica che zampilla dal suo cuore, l’avventura affascinante a trafficare come lievito di rinnovamento e di speranza, nella Chiesa e nella società, l’irradiarsi di questa luce.
Si staglia così, sin dal primo incontro nel ’49, il “disegno” di colui che Dio, attraverso Chiara, chiama a “incarnare” il carisma dell’unità nei tempi nuovi che si annunciano. Se, infatti, l’estate del ’49 aveva rappresentato per Chiara e per il primo gruppo dei Focolari la contemplazione del Cielo per il “patto di unità” con Igino Giordani, Foco; ora, già nella primavera del ’50, proprio quel giovane timido – ma di straordinaria intelligenza, cuore puro e travagliata esperienza – si accredita come il prototipo di chi è chiamato a iniettare nelle viscere della storia la linfa nuova che scende dal Cielo.
Tanto basti come invito alla lettura di queste appassionanti pagine. Per poter anche noi prendere parte, con passione viva e responsabilità rinnovata, all’avventura che vi è narrata.