Pasqua di sangue in Sri Lanka
Sono immagini che abbiamo visto e rivisto in uno dei giorni che dovrebbe essere, per cristiani ed ebrei – quest’anno la celebrazione della Pasqua coincide – momenti di celebrazione e di pace. Ma da alcuni anni, pare che proprio la Pasqua rappresenti la scelta preferita per terroristi che mirano a scuotere l’opinione pubblica in vari angoli del globo. Negli anni recenti, infatti, si sono susseguiti attacchi in Pakistan, proprio nel giorno di Pasqua, e in Nigeria ed Egitto in corrispondenza della Domenica delle Palme o della Settimana Santa.
Per anni, lo Sri Lanka è stato teatro di una delle guerre più crudeli e sanguinose che si siano combattute nel mondo nella seconda parte del secolo scorso. Il conflitto, che aveva ridotto allo stremo il Paese, ed in particolare la costa orientale ed il nord, era uno scontro etnico con risvolti socio-politici. Le Tigri Tamil avevano iniziato una guerriglia determinata e crudele per ridare dignità e fiducia alla comunità tamil che, con l’indipendenza avvenuta alla fine degli anni Quaranta, era stata messa da parte dalla maggioranza cingalese. Quel conflitto, tuttavia, non è mai stato religioso. La composizione della popolazione di questa isola dell’Oceano Indiano è infatti molto particolare. I cingalesi sono circa il 75% della popolazione, mentre l’etnia tamil arriva al 18%. I primi sono soprattutto buddhisti theravada (per un totale del 70% della popolazione), mentre i tamil sono in maggioranza induisti (arrivano al 12% della popolazione nazionale). Tuttavia, una cospicua minoranza, sia da una parte che dell’altra, è costituita dai cristiani, che rappresentano poco meno dell’8%. I musulmani sono una minoranza che non supera di molto i cristiani. Arrivano, infatti, al 9,5%. In questo complesso incrocio, i cristiani hanno da sempre rappresentato un prezioso collante sociale e, come in altre parti sia del sub-continente indiano che dell’Asia, le loro scuole ed ospedali sono apprezzati e frequentati da tutte le varie comunità sia etniche che religiose.
Per questi motivi è difficile capire la logica del terrore scatenata nel giorno di Pasqua. Se da un lato, infatti, si è voluto colpire la comunità cristiana, non solo cattolica – la chiesa presa di mira a Batticaloa nella parte tamil della costa orientale dell’isola è infatti battista – dall’altra, per il fatto che sono stati distrutti anche degli hotel a cinque stelle, sembra che nel mirino ci fossero anche turisti stranieri. Il governo afferma di avere già arrestato dei sospettati e questo non sorprende. Si deve pensare che era stata diramata un’allerta non presa con la dovuta serietà e, quindi, qualcuno, con tutta probabilità, sapeva di movimenti e persone sospette. In secondo luogo, la guerra civile è terminata una decina di anni fa ed i quadri della polizia e dell’esercito sono ancora addestrati per intervenire in situazioni di questo tipo, anche se la sicurezza è stata ormai allentata rispetto agli anni precedenti.
Ufficialmente non ci sono state ancora rivendicazioni, ma si deve tener conto anche del fatto che negli ultimi anni è cresciuto il fondamentalismo buddhista ed alcune piccole frange di quello di stampo musulmano. Non sorprende, quindi, che le fonti ufficiali dicano che si tratta di una strategia interna al Paese. Con tutta probabilità ci vorranno vari giorni prima di chiarire cosa è veramente successo: se ci sono stati degli attentatori suicidi e quale mano ha guidato una strategia che appare ben orchestrata e precisa. Quello che è certo è che il Paese è ripiombato nel terrore che lo ha attanagliato per venticinque anni. Negli anni Novanta e nei primi anni di questo millennio ho spesso frequentato lo Sri Lanka ed ho rischiato di cadere vittima di attacchi terroristici. In un’occasione una bomba suicida è esplosa pochi minuti dopo che ero passato in una zona alla periferia di Colombo. So cosa significa per questa capitale, una città viva e carica di fantasia ed iniziativa, essere sotto coprifuoco. E’ come vivere in un clima surreale. La speranza è che questa tragedia non fermi la rinascita di questo Paese e di questo popolo che con grande determinazione stava uscendo da un quarto di secolo di spargimento di sangue di fronte al quale il mondo è stato a guardare senza muovere un dito. Le condanne arrivate da ogni angolo del mondo per quanto successo in questa Pasqua di sangue possono essere un monito per chi cerca di destabilizzare ancora una volta questo Paese.