Pasqua o Natale?
Sarà un Natale caldo, nel Cono Sud latinoamericano: le previsioni meteorologiche hanno annunziato alte temperature da un lato e dall’altro della cordigliera delle Ande. Nel centro nord del Cile si annunciano temperature tra i 32 ed i 36 gradi e lo stesso in Argentina. Magari riusciranno a temperare il freddissimo oceano Pacifico di queste latitudini e permettere una scappata in spiaggia alle famiglie riunite per le feste. Tutto il contrario rispetto alla riva atlantica, dove le acque tiepide convocheranno stuoli di bagnanti.
Per le strade abbondano i presepi, che se a Napoli riproducono scene cittadine, qui spesso si ispirano alla cultura andina. Maria indossa le numerose gonne sovrapposte di una “chola”, nella capanna Gesù bambino é riscaldato dal fiato dei lama, i tratti somatici della Sacra Famiglia sono quelli quechua o aymara. In Argentina e Uruguay nel menù prevarranno i piatti italiani e spagnoli, dai ravioli al tradizionale asado. Nel resto della regione andina, a tavola non mancheranno qualcuna delle piú di 240 specie di patate, in Brasile e Centro America figureranno le varietà di fagioli, immancabili nella dieta giornaliera.
Il Cile é praticamente l’unico Paese latinoamericano nel quale la festa è denominata Pasqua di Natale. Babbo Natale è diventato così il Vecchietto Pasquale, si mangia il Pan di Pasqua (un variante locale del panettone) e ci si augura Buona Pasqua. Non è facile chiarirne il motivo. La tesi più credibile spiega che il termine natale viene dalla traduzione greca di “passaggio verso”. Pertanto anche l’incarnazione manifesta il passaggio del Figlio di Dio all’umanità, si giustifica la differenza tra Pasqua di Natale e Pasqua di Resurrezione.
Nonostante il consumismo, che regna indiscusso nei grandi shopping center, ormai tappe obbligate anche per i turisti nonostante la loro indefinizione architettonica che, come nel caso degli aeroporti, li rende “non luoghi”, che obbliga a tutti, nelle grande città a dedicarsi alle spese, resta il fatto che il Natale é momento di riunione famigliare, magari allargata agli amici piú vicini, che hanno un ruolo importantissimo nella vita in America latina, ed un momento di speranza.
Ed in cosa sperano quest’anno le famiglie latinoamericane? Pare che il più bel regalo natalizio per le famiglie cilene sarà la gratuità delle università, in particolare le pubbliche. Un sogno che da anni si attendeva la realizzazione. Il Cile si unisce in tal modo all’esperienza uruguayana e argentina dove da decenni gli studi sono gratuiti. In Argentina certo sarà un momento cruciale, un mese difficile nel quale il nuovo governo muove i primi, a volte goffi, passi cercando di superare divisioni sorte durante gli ultimi anni. Il governo colombiano aveva promesso che forse la pace sarebbe stato il regalo di anno nuovo. Ci sperano tutti, anche per mettere fine a mezzo secolo di conflitto armato.
Il Messico vive il Natale ma pensa anche alla prossima visita del Papa prevista a febbraio. E’ il secondo Paese del mondo in quantità di cattolici, ma è straziato dal crimine organizzato che ha provocato 50 mila morti in sei anni e 28 mila desaparecidos, probabilmente già morti, una corruzione che arriva ai livelli più alti del potere politico e sperequazioni sociali che scavano solchi invalicabili tra i vari settori sociali, con decine di migliaia di migranti, legali e illegali, messicani e centroamericani che attraversano il Paese da sud a nord nella speranza di entrare negli Usa. Cosa dirà il Papa di tutte queste sfide che scalfiscono profondamente le coscienze autenticamente cristiane? E cosa faranno dopo la sua visita i messicani?
E’ molto probabile che in Brasile molti appelleranno alla speranza di una maggiore stabilitá istituzionale, dopo un anno sconvolto dagli scandali per corruzione e dalla crisi politica. I risultati? Decine di politici incarcerati, l’impeachment che minaccia di metter fine al mandato della presidente Rousseff e la possibile destituzione del presidente della Camera dei Deputati con qualche conto di troppo all’estero. Intanto, un punto a favore consiste nel disporre di una giustizia indipendente capace di mettere il bisturi nel marcio. Sarà poi un Natale diverso quello cubano. Pare proprio che siano ormai un ricordo gli anni della Guerra Fredda dopo la normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti. Che finisca quanto prima l’embargo al quale è sottomessa l’isola sarà certo il desiderio dei più.
In Centro America la speranza è probabilmente quella di poter vivere nel proprio Paese senza dover fuggire dalla violenza, che imperversa in particolare nel triangolo costituito da Honduras, Guatemala ed El Salvador. L’economia da segni di ripresa, deboli forse, ma che potrebbero far presagire un avvenire migliore. Che alla fin fine é la speranza di ogni cuore in tutte le latitudini.