Pasqua a San Callisto

In superficie, come nel sottosuolo delle catacombe, immagini della medesima realtà
Pecore

«Qui passò di bocca in bocca la Parola che non muore: il Vangelo» (Chiara Lubich). Qui, nel sito delle catacombe romane di San Callisto, dove migliaia di cristiani dei primi secoli attendono la risurrezione. Numerosissimi i visitatori che rimangono toccati dalle testimonianze di fede offerte da questa immensa rete di gallerie attraverso una ricca simbologia che parla di vita oltre la morte. Ma, una volta tornati in superficie, negli ampi spazi verdi solcati da viali di cipressi secolari e punteggiati da uliveti, lo spettacolo di pacifiche greggi di pecore al pascolo sui prati smaltati di fiori può richiamare alla mente, insieme alle parole evangeliche che l’associano a Cristo, certe raffigurazioni di questo animale così mite e tenero viste poco prima negli arcosoli o sulle lapidi che un tempo contrassegnavano i loculi. Basti pensare al Buon Pastore che reca sulle spalle la pecorella smarrita o, ancora, al Cristo offertosi quale agnello sacrificale per la salvezza dell’umanità. Così San Callisto, nel sottosuolo, ma anche in superficie, suggerisce le medesime realtà a chi, nel clima pasquale di questo periodo, sa prestarvi attenzione.

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