Pasolini è vivo
Un umanista laico. Un personaggio scomodo in vita e in morte. Accettato, rinnegato, condannato, assolto. Pier Paolo Pasolini (1922 – 1975) è stato tutto questo: giornalista e regista, poeta e drammaturgo, profeta e a suo modo “mistico”. Tutto è santo. Il corpo poetico, recita il titolo della rassegna romana dove si ripercorre l’esistenza e la produzione di Pier Paolo: appunti, lettere, costumi cinematografici, personaggi – Maria Callas, Franco Citti, Silvana Mangano, Totò, Alberto Moravia, Elsa Morante… – amicizie, come quelle fortissime con Laura Betti e Ninetto Davoli. Ed anche video, foto, lettere e poi l’impegno politico, la vita nei quartieri periferici, lo sport. In più e sullo sfondo, il rapporto con la madre, qualcosa di ancestrale, eccessivo: una presenza dentro e dietro l’uomo, fino a farla diventare Maria ai piedi della croce, disperata, nel Vangelo secondo Matteo (1964).
Pasolini regista: dalle narrazioni realistiche di una Roma proletaria – Mamma Roma, Accattone – di un cupo pessimismo, ai percorsi paramistici – Il Vangelo, Teorema (1968) – dalla lettura eroticizzante nei film della Trilogia della vita (1971-1974), poi rinnegata, fino alla fiaba amarissima di Uccellacci e uccellini, all’incursione sulla classicità (Edipo Re, Medea) e allo sconcertante delirio infernale sulla disumanizzazione in Salò (1975).
Pasolini ha compiuto molte e diverse incursioni – romanzi (Ragazzi di vita), poesie, saggi, polemiche argute e tremende – sul tema che lo rappresenta forse al meglio: il corpo. Individuale e sociale.
Il corpo si fa pure strumento di poesia, ovvero di creatività . Il corpo è vita, quella vita di cui Pasolini non sarà mai abbastanza sazio, con un amore anche narcisistico su sé stesso. Il corpo nel mito in Medea e Giasone, quello giovanile nella Trilogia, distrutto in Porcile e Salò, esile nel Cristo. Esso è strumento di gioia, di forza e di dolore. In ciò sta la sua “sacralità”.
E qui nasce il grande tema della sofferenza che Pasolini affronta costantemente, nella ricerca mai del tutto appagata dell’amore, anche a livello personale che lo vede diviso in due: luce e tenebra, visione intellettuale di giorno, oscurità di notte.
Il dolore rimane per Pier Paolo qualcosa di irrisolto, non spiegabile anche se egli lo analizza acutamente a livello personale e sociale. Un esempio è dato dal film Teorema, di una religiosità ancestrale, mitica e laica ma reale. La sofferenza e la redenzione dei protagonisti avviene attraverso un particolare “angelo consolatore” che tuttavia non impedisce all’uomo nudo nel deserto finale un grido lacerante, come un “perché?” infinito.
C’è del mistero nella vita e nell’opera di Pasolini. Per quanto l’intellettuale fosse lucido indagatore del male sociale, della profetica visione della disumanizzazione a cui ci avrebbe portato il consumismo – di qui la sua guerra all’aborto, alla televisione… – pure nel suo sguardo spesso senza gioia fino alle ultime cupissime foto, si leggevano delle domande. Chi sono io, qual è l’uomo di oggi, dove stiamo andando?
Pasolini interrogava e si interrogava. Era di tutti e di nessuno. Ora lo beatificano quelli che a suo tempo lo rinnegarono – il “partito” per primo – e i suoi epigoni i suoi film, spesso condannati, oggi sono oggetti di culto, la sua stessa persona è ancora soggetto di interpretazioni contrastanti. Pasolini resta misterioso e sconcertante.
Era un umanista, appassionato dell’uomo in romanzi, film, musica, arte e impegno politico. Anche con la violenza, un tema che attraversa le sue opere e di cui morirà sul litorale di Ostia: una morte notturna che si vuole politica, ma forse più cercata nel massimo della disperazione.
La rassegna romana indaga con una infinità di documenti l’uomo del Friuli emigrato a Roma con la madre, povero e poi ricco, geniale e innamorato della vita. La sua migliore eredità.
Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo. Il corpo poetico. Roma, fino al 26 /2 (catalogo 5 Continents)
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