Pascal, prete mancato
«Tu, figlio mio, dovrai diventare un grande giocatore…». Quante volte abbiamo sentito questa frase imporsi tra i dialoghi di genitori in cerca di riscatto egocentrico ai danni dei propri figli in crescita? Al di là dei disastri pedagogici in merito ai quali si potrebbe approfondire l’impatto di espressioni purtroppo ancora così comuni, spesso e volentieri la storia dello sport insegna invece come l’approccio possa – ma soprattutto debba – essere proprio opposto, magari comportando anche risultati impensabili.
A fornircene spunto, la folgorante ascesa nel pirotecnico mondo del basket americano targato Nba di Pascal Siakam, un ragazzone di 25 anni nato nel villaggio di Bafia, in Camerun. «Tu, figlio mio, diventerai prete…», fu invece la frase di indirizzo adolescenziale che il ragazzino si vide imporre dal padre Tchamo. «All’inizio era uno studente molto bravo e preciso – racconta oggi Padre Collins, direttore del seminario –, ma a lungo andare concentrazione e dedizione vennero meno: non faceva più tutti i compiti che gli affidavano e pensammo più volte di espellerlo, ma i suoi risultati erano così notevoli che decidemmo di dargli altre possibilità». Appare già ovvio che prepararsi ad essere prete non è la strada vocazionale giusta per Pascal, che tuttavia non vorrebbe deludere il padre. La svolta arriva quando, già all’epilogo dei suoi studi teologici, sulla strada per il mercato della sua cittadina, inviato a comprare del platano per la famiglia, Pascal s’incanta davanti a una sontuosa villa, sognando una vita agiata e non più povera. La tenuta appartiene alla famiglia di Luc Mbah, giocatore nel 2011 dei Milwaukee Bucks e organizzatore di camp gratuiti estivi finalizzati ad aiutare giovani atleti camerunesi a emergere nella pallacanestro.
Uno sport nel quale Pascal, che come tanti ragazzini delle periferie del Sud del mondo trova molto più semplice inseguire un pallone di stracci sognando i Mondiali di calcio, non si è mai cimentato. Poco importa: sognare non costa nulla, come non costano i camp cui decide di prendere parte assieme ai suoi tre fratelli. Tenta due volte: il particolare atletismo naturale e la determinazione feroce con la quale impara presto gli consentono di fare parte del programma Basketball Without Borders del 2012, che pone in palio la possibilità di staccare un biglietto per i college Usa. Il suo impegno, ricordano gli organizzatori, fu memorabile, mostrando un’innata propensione a difendere come pochi. Il padre se ne fa presto una ragione: Pascal viene scelto per la God’s Academy di Lewisville, in Texas, mentre l’anno dopo si trasferisce a New Mexico State, dove sale in cattedra con due stagioni stupefacenti: nella stagione 2015-16, Pascal si guadagna già il riconoscimento di miglior giocatore della Western Athletic Conference grazie ai 20.2 punti, 11.6 rimbalzi e 2.2 stoppate di media. Numeri simili possono valergli una chance in Nba: a chiamarlo sono i mitici Toronto Raptors. Ora, se fino ai 15 anni non ci si è mai cimentati in un tiro a canestro e a 22 si arriva in Nba, significa che davvero, quando si ha un talento da affinare, nulla nello sport può essere precluso. Giocatore versatile non a caso definito anche “l’uomo ingranaggio” dai media del settore, con il 2019 per Siakam è arrivato anche il premio di Most Improved Player (giocatore che più stupisce per il suo miglioramento): alla terza stagione coi Raptors sta ottenendo la consacrazione non solo del suo naturale talento difensivo ma, grazie alla sua grande attitudine al lavoro e agli enormi miglioramenti in attacco, la conferma unanime di essere una delle rivelazioni indiscusse del 2018-19.