Parwana e Tacher, storie di giovani migranti
Storie di migranti. Parwana e la sua famiglia sono stati costretti di abbandonare l’Afghanistan a causa dei problemi politici del padre. La famiglia ha percorso Pakistan, Iran e Turchia per finire nel campo profughi di Moria, a Lesbo, finchè non è stato distrutto dall’incendio del settembre 2020. Dopo, la famiglia è stata trasferita al campo di Ritsona, 70 Km da Atene.
In una recente intervista di un giornale greco, Parwana ha detto che la marcia verso la libertà non è stata facile: «Ci sparavano, ci derubavano, ci minacciavano e ci facevano violenza, ma noi abbiamo continuato la marcia». Parwana è una ragazza forte e fiera che cerca il senso della vita anche dentro la cenere, perché ha scoperto che le pietre più dure sono quelle che si formano sotto l’azione delle altissime temperature dei vulcani. «La vita a Moria era una fila senza fine, fila per il cibo, fila per i medicinali, fila per il bagno». Però lei ha continuato ad essere ottimista.
«A Moria ho impararato che anche nei posti più difficili e oscuri si può trovare la speranza». Parwana ha deciso di cercare il contatto con gli altri profughi, ascoltare le loro storie e poi scriverle. Scrivere è per lei come un viaggio, uscire dalla quotidianità della vita del campo per incontrare le persone e le loro storie. Ha scritto per un minorene non accompagnato, per una madre incinta che doveva prendersi cura dei figli malati, e tante altre storie.
Le lettere di Parwana sono publicate da una casa editrice greca in un libro intitolato “Lettere al mondo da Moria”. Parole scritte con dolore, con fede, con tenacia e speranza. «I nostri sogni si avverano quando comunichiamo fra di noi. Voglio diventare un legame che unisce le persone e i continenti. La libertà e una continua battaglia».
Il motto di questa ragazza è: “I nostri sogni ci tengono vivi”. Parwana vive da quasi un anno in un altro campo, nell’isola di Eubea, ed e molto attiva con il Young Refugees Movement. Parla e scrive in greco, legge e studia da sola, visto che non può andare all’università: ama la filosofia, l’economia e le scienze politiche.
Tacher è stato costretto di abbandonare la Siria ed e arrivato a Samo prima della guerra, a settembre 2010. Aveva 14 anni. Ha chiesto asilo politico, ma non l’ha ancora ottenuto. Oggi vive in un campo profughi situato nella Grecia centrale, a Pelio, in Tessaglia. I responsabili del campo hanno capito la tremenda voglia di Tacher per lo studio e l’hanno convinto a fare domanda per ottenere una borsa di studio dell’University of the People (un’istituzione non profit statunitense) che offre programmi di studio tramite internet, a certe condizioni.
Non è stata una scelta facile per lui, per un momento ha esitato perchè sapeva che lavorare, studiare e vivere in un campo profughi, anche se quello di Pelio è uno dei migliori, non sarebbe stato facile. Ma è anche convinto che nonostante le difficoltà, non si possono abbandonare i propri sogni. Tacher ha vinto la borsa di studio ed ha scelto di studiare gestione aziendale. Magari non è l’architettura che sognava quando era in Siria, ma a volte un certo compromesso ci vuole. Le lezioni si tengono in arabo e in inglese. Per vivere lavora nei campi, in agricoltura. Tacher dice che: «anche se hai perso l’opportunità di studiare (quello che speravi), nonostante tutte le difficoltà non devi mollare, perchè gli studi sono molto importanti nella vita».
Chi dubita che questi ragazzi ce la faranno? Le difficoltà che affrontano sono enormi ma la grandezza della loro anima e la loro fede lo sono altrettanto.