La paura del populismo
Se le vicende politiche italiane avevano suscitato parecchia eco sui giornali di tutto il mondo, ugualmente la suscita la formazione del governo. Tra i titoli più forti di questa mattina c’è quello del New York Times, che in un articolo dal titolo «I partiti populisti italiani ottengono il consenso a formare il governo» afferma – dopo aver ripercorso la vicenda del ritorno di Conte – che «il consenso del Presidente [della Repubblica] non è stato abbastanza per placare i timori riguardo alla vera agenda dei populisti […] La loro notevole crescita lascia in pezzi l’establishment politico tradizionale, e sotto shock un’Unione europea che pensava di aver battuto con successo lo scorso anno l’insorgenza degli anti-establishment e dell’estrema destra l’anno scorso». Ed è proprio per l’Ue che il Nyt esprime le maggiori preoccupazioni: «La vittoria populista in Italia non poteva arrivare in un momento peggiore per l’Ue – scrive Jason Horowitz –. Uno scandalo di corruzione in Spagna minaccia un governo che era stato considerato un modello a Bruxelles. La Gran Bretagna se ne sta andando. La cancelliera Merkel è indebolita. Il presidente francese Macron è un leader europeista in cerca di alleati. Polonia e Ungheria stanno facendo passi indietro sulla democrazia. Il presidente degli Stati Uniti sta portando avanti una guerra commerciale, mentre sempre più europei guardano all’uomo forte della Russia, Putin, come ad un modello. Ma tra tutte queste minacce, l’Italia ha rappresentato forse la più pesante e, come spesso accade, sottovalutata. Patria del fascismo come del più forte partito comunista nell’Europa Occidentale, l’Italia si è dimostrata di nuovo un incubatore di esperimenti politici».
Parole forti, che riecheggiano anche in Spagna su El Paìs – nonostante le notizie sulla crisi nel Paese mettano tutto il resto un po’ in sordina. Titolo simile – «Lega e 5 Stelle concludono un nuovo accordo e governeranno l’Italia» -, dopo aver ripercorso la vicenda, sottolineando in particolare come tutti gli attori in campo abbiano alla fine ceduto al buonsenso di evitare una crisi ancor peggiore, Daniel Verdù afferma che «nessun cronista avrebbe potuto prevedere il copione di una storia in cui l’Italia è arrivata ad avere tre governi. E nessuno con un futuro. Uno nelle sue funzioni, quello di Gentiloni, in attesa di notizie. E due sul tavolo: quello tecnico di Cottarelli, che non avrebbe avuto la fiducia in Parlamento, e quello di Lega e 5 Stelle, condannato al crollo se avesse incluso Savona. Ma quando tutto sembrava perduto, ecco la svolta». Dopotutto, osserva, «anche Cottarelli sembrava sollevato: tutti erano convinti che la soluzione politica fosse la migliore».
Il francese Le Monde definisce Salvini e Di Maio «I due uomini forti del nuovo governo italiano», in quanto «ottengono i posti chiave del ministero dell’Interno e del Lavoro». Segue un ritratto di entrambi: «Matteo Salvini, uno xenofobo al ministero degli Interni», e «Luigi Di Maio, viso pulito alla testa di un partito populista». A dispetto dei titoli coloriti, i ritratti sono due biografie politiche fattuali, che riconoscono all’europarlamentare euroscettico Salvini di aver rinnovato e portato a percentuali mai viste la Lega, e a Di Maio la capacità di una rapida ascesa politica incarnando l’anima più moderata del Movimento.
Il britannico The Guardian dedica all’Italia addirittura l’apertura, con l’articolo «Il governo populista pronto a giurare mentre si sblocca lo stallo politico». Anche Il Guardian, come il Nyt, si sofferma sulle preoccupazioni che il nuovo governo ancora desta soprattutto all’estero, tra politici e investitori; e non solo per le sue posizioni euroscettiche, ma anche perché «l’alleanza tra Lega e M5S avrà comunque una maggioranza relativamente stretta» e pone quindi dubbi sulla sua stabilità effettiva e sulla sua reale capacità decisionale.
E il permanere di Savona nella squadra di governo, al ministero degli Affari europei, non può certo fugare i dubbi presenti anche ai tempi della sua collocazione all’Economia: la tedesca Die Welt – forse la testata più critica e criticata in questi giorni – titola infatti «Un euroscettico ora può controllare la politica europea dell’Italia». Ma non si sofferma solo sul nodo Savona: fa presente come un compito assai gravoso spetti anche a Di Maio, dovendo il suo ministero portare avanti alcuni tra i punti più critici del programma – come il reddito di cittadinanza; così come a Salvini, con il suo programma di gestione dell’immigrazione. Come dire: la sostanza non cambia, né in quanto a nomi, né in quanto a sfide da affrontare. Ed è a questo che, finite le trattative politiche, bisogna ora guardare.