Partiti in crisi di identità e candidati in difficoltà

A poche settimane dalle elezioni siciliane e in vista delle politiche, tutte le formazioni partitiche sono attraversate da una crisi che non aiuta a compiere scelte lungimiranti.  

All’inizio dell’autunno la vita dei partiti nostrani si presenta come un ossimoro, frenetica e immobile nel contempo. La frenesia certo non le manca, tra vicende giudiziarie mai in pausa, elezioni sempre imminenti, dialoghi tra forze politiche più simili a scontri che a confronti…

Eppure la vera sostanza sembra essere l’immobilismo: il Parlamento infatti appare impedito a porre mano a qualsiasi provvedimento significativo, inclusa la legge elettorale, benché se ne sia tornati a parlare.

L’unica attività effettivamente svolta è l’osservazione a distanza del governo per carpire i contenuti della legge di stabilità. Questo tema interessa tutti i partiti, ma principalmente il Pd, poiché le scelte che si compiranno saranno, nel bene e nel male, il viatico elettorale di quel partito. Non stupisce, perciò, se ci si trova dinanzi ai primi annunci roboanti 500mila assunzioni nella Pubblica amministrazione) o striscianti (nuovi condoni), sui quali non si sa quanta apertura abbiano il presidente Gentiloni e il ministro Padoan. Staremo a vedere.

Renzi
Renzi

Certo, il Pd attraversa una fase delicata, con il segretario Renzi esposto a insidie interne che potrebbero deflagrare in caso di pesante sconfitta alle elezioni siciliane, dove i sondaggi sono alquanto allarmanti (ma anche prematuri, va detto). Ma se c’è un proverbio che Renzi può invocare, è quello del mal comune, mezzo gaudio: infatti non vi è un’altra formazione politica che se la passi bene.

La Lega di Salvini (come chiamarla altrimenti?) deve gestire gli esiti dei guai giudiziari di Bossi & figli e si trova col patrimonio sotto sequestro. Il provvedimento del giudice ha provocato una reazione molto vivace di Salvini, che ha gridato all’attentato democratico e ha proclamato l’Aventino: deputati e senatori leghisti per una settimana (poi si vedrà) non parteciperanno ai lavori parlamentari, recandosi in alternativa nelle zone terremotate.

Oltre a questo, c’è da gestire il rapporto col vecchio e ancora amato fondatore, Umberto Bossi, che per la prima volta non ha potuto prendere la parola durante la kermesse sul pratone di Pontida. Un vuoto assordante e fortemente simbolico.

Berlusconi alla convention di Forza Italia
Berlusconi alla convention di Forza Italia

Le cose paiono andare meglio per Forza Italia, rinvigorita dall’esuberanza ostentata da un neo-Berlusconi, di nuovo in sella alla testa della sua creatura. Ma come non vedere che questo che sembra un fatto positivo racchiude invece un problemone, l’impossibilità di sostituire Berlusconi?

Non se la passa bene neppure Alfano con il suo partito di centro-destra: l’abbraccio con Renzi in Sicilia ha prodotto un calo proprio in quella terra dove era più forte, mettendo a rischio il ritorno in Parlamento.

Quello che accade a sinistra del Pd, poi, è quasi onirico ed è difficile da afferrare. Al momento, non vi è certezza sulla pur proclamata e ri-proclamata leadership di Pisapia, che dovrebbe avere la capacità di conciliare l’inconciliabile, perché tali appaiono le articolate posizioni di gruppi e persone da radunare sotto un’unica sigla.

Però la vera notizia sta nella crisi del M5S. Esagerata la parola crisi? Forse, ma i sintomi ci sono, se non altro per leggervi un momento di passaggio e – speriamo – di crescita. A livello nazionale, la candidatura sostanzialmente unica di Luigi Di Maio per le primarie da “candidato premier”, come erroneamente e diffusamente si dice, non è un segno di buona salute. L’inevitabile investitura di Di Maio sarà altrettanto inevitabilmente debole. E se i partecipanti al voto dovessero essere contenuti, la debolezza sarà ancor più evidente.

La magra consolazione di questa vicenda è che, nonostante le grida che già sono proclamate dalle forze politiche, un “candidato premier” alle prossime elezioni non ci sarà, e non solo perché in Italia il premier non esiste, ma perché non si voterà con un sistema maggioritario e quindi si potrà parlare di Presidente incaricato solo dopo che si sarà composto il Parlamento. E ci sono scarse o nulle possibilità che coloro che “corrono da premier” possano effettivamente ottenere l’incarico e formare il governo.

giancarlo-cancelleri-foto-ansaI 5 Stelle poi (e chi l’avrebbe detto!) si trovano tra flutti poco rassicuranti anche in Sicilia, dove pareva dovessero fare una marcia trionfale. Intanto la situazione politica si era già complicata con la candidatura, col centro-destra, di Musumeci, capace di coagulare grande consenso e finanche di ribaltare i sondaggi (che restano sempre prematuri!). In più è giunta la doccia fredda di un provvedimento giudiziario che appare più insidioso di quelli penali. Il Tribunale civile di Palermo, una sezione specializzata in materia di imprese, si badi, ha annullato l’elezione del candidato Cancelleri ritenendo irregolari le primarie.

Al Tribunale si era rivolto Mauro Giulivi, escluso dalla competizione: ma proprio questa esclusione per i giudici è arbitraria e perciò hanno ordinato la ripetizione delle “regionarie”, comprese quelle per i candidati palermitani al Consiglio regionale. Un pasticcio dal quale è difficilissimo uscire, sia perché i tempi per ripetere le elezioni sono piuttosto stretti, sia perché sarebbe un’ammissione di smacco politicamente intollerabile.

E tutto ciò mentre siamo alla vigilia di un voto referendario, consultivo, certo, ma pur sempre significativo, per una maggiore autonomia di due grandi regioni, Lombardia e Veneto. Un voto che non coinvolge tutti gli elettori italiani, ma di cui sarebbe miope sottovalutare l’importanza: la questione regionale è una questione ormai “di sistema”, che riguarda tutti. Pur non volendo enfatizzare la coincidenza della storia con quanto sta avvenendo per la Catalogna. La lezione è che la politica va avanti, a dispetto delle distrazioni, motivate o no, dei partiti.

 

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