Partire dai più deboli per cambiare la società
Intervista a Massimo Toschi, vincitore del Premio Fraternità-Città di Benevento per la sezione "Dialogo in politica"
Massimo Toschi, 66 anni, consigliere per la cooperazione internazionale, le relazioni internazionali e per i diritti delle persone disabili del presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, è stato il vincitore della sezione “Dialogo in politica” del “Premio Fraternità-Città di Benevento” 2011. Laureato alla Cattolica di Milano, un dottorato di ricerca in storia religiosa, convive fin da piccolo con la disabilità, essendosi ammalato di poliomelite ad undici mesi. Ha sempre affrontato con forza e dignità le grandi sfide della vita. Nei suoi studi si è occupato di alcuni grandi temi dell’esperienza cristiana come la pace, la povertà e il martirio, scrivendo articoli e libri dedicati a maestri come don Lorenzo Milani e ai profeti della pace. L’attività di ricerca e di studio si è sempre saldata all’impegno sociale e civile: durante gli anni dell’università ha partecipato a un’esperienza di condivisione nel carcere di San Vittore, successivamente è stato per molti anni vicino ai malati di aids. A partire dal 1998 il suo impegno si è allargato alle gravi crisi che devastano il Sud del mondo. In occasione del “Premio Fraternità-Città di Benevento”, gli abbiamo posto alcune domande.
Cosa significa per lei fraternità?
«La fraternità non è una categoria politica, una dottrina, una ideologia, ma una relazione, un incontro con il più piccolo dei fratelli. La fraternità è un dono che Gesù fa la mattina di Pasqua ai discepoli, chiamandoli fratelli (Mt 28,10)».
Pensa che oggi si faccia abbastanza per far crescere la fraternità tra persone e gruppi?
«Nel giudizio universale nel Vangelo di Matteo si dice che saremo giudicati sulla fraternità, cioè su come tratteremo colui che ha fame, ha sete, è carcerato, è malato, ecc. a indicare che non c’è una misura definitiva, ma è come una asticella che continuamente si sposta. Oggi i nostri fratelli più piccoli sono i civili della Libia, piuttosto che i bambini palestinesi di Gaza o i congolesi di Goma. Il più piccolo dei fratelli diventa lui il maestro di fraternità per noi e su lui misuriamo i nostri passi incerti».
Per una società più fraterna si deve partire dai singoli…
«La cultura della fraternità alimenta la nostra costituzione nei suoi punti più alti, in particolare agli articoli 2 e 3. Nelle città e nelle nazioni, in Italia e in Europa, sono le vittime, i più piccoli dei fratelli a indicare la strada di una nuova politica, di nuovi programmi, progetti e azioni. Questo ci pone direttamente in questione perché sta a ciascuno ascoltare il più piccolo e costruire una relazione di fraternità che cambi il cuore delle persone e delle società».