Parolin: «La Cina è un grande Paese»

Intervista al cardinale segretario di Stato della Santa Sede, sul quotidiano inglese del governo di Pechino. Comunicazione, dialogo e fiducia sono gli auspici del prelato

Il titolo sul Global Times è di quelli che fanno effetto: “Papa Francesco vede la Cina come un grande Paese”. Ma non è solo questione di titolo. L’articolo intervista apparso sul Global Times, quotidiano on-line legato al Quotidiano del popolo, organo ufficiale del Partito comunista cinese, è il primo di questo tipo pubblicato dal giornale di Pechino, un’intervista a tutto campo a un cardinale e addirittura al segretario di Stato, il card. Pietro Parolin, uomo di fiducia privilegiato di papa Francesco soprattutto in merito di questioni cinesi.

Il cardinale nelle sue dichiarazioni reagisce in termini molto positivi alle sollecitazioni dei giornalisti cinesi, precisando che, ovviamente, l’accordo firmato nello scorso settembre fra la Santa Sede e il governo della Cina Popolare rappresenta un punto di arrivo di un lungo, e non sempre facile, percorso. Tuttavia è soprattutto un punto di partenza. Le due parole chiavi sono “comunicazione” e “dialogo”, entrambi termini cari a papa Francesco e categorie portanti del suo pontificato, sia a livello di magistero come di viaggi e di gesti simbolici. Una terza parola importante è “fiducia”, che il cardinale afferma essere parte del processo e altro elemento chiave per il futuro. Le due parti, alla luce di questi elementi, non sono impegnate a discutere sui rispettivi sistemi culturali o di governo, ma piuttosto cercano di mettere a fuoco il desiderio di pratica religiosa da parte della gente e, quindi, sono alla ricerca di soluzioni concrete e pratiche che permettano la pratica religiosa all’interno del Paese asiatico.

I due vescovi cinesi mons. Li Shan, vescovo di Pechino, e mons. Huang Bingzhang, vescovo di Shantou, con il card. segretario di Stato Pietro Parolin, all'Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma, 14 maggio 2019.
I due vescovi cinesi mons. Li Shan, vescovo di Pechino, e mons. Huang Bingzhang, vescovo di Shantou, con il card. segretario di Stato Pietro Parolin, all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma, 14 maggio 2019.

Il cardinale, inoltre, nel prosieguo della conversazione, ha mostrato una grande concretezza dando prova di buon senso rispetto alle complesse situazioni del rapporto fra Cina e Santa Sede. Ha, infatti, riconosciuto di essere ben cosciente di una notevole diversità di posizioni nei confronti dell’accordo. E questo sia all’interno della Santa Sede e del mondo della Chiesa cattolica come pure in seno al gigante dell’Asia. Alcuni si sono mostrati scettici, altri assolutamente contrari e continuano a tradire una chiara opposizione alla decisione della Santa Sede. Ma questo – ha affermato Parolin – è inevitabile che avvenga soprattutto quando le questioni in discussione sono complesse e con un intricato trascorso storico. Inoltre, inutile nascondere che rimangono questioni aperte. Quello che non pare essere accettato, da parte sia di Parolin che del papa, è un atteggiamento rigido, di partito preso. La chiave della questione, come papa Francesco l’ha voluta affrontare fino ad oggi e desidera che continui ad essere gestita, sta nella parola e nell’atteggiamento di dialogo e, dunque, di apertura alle posizioni dell’altro, senza per questo abdicare ai diritti di chi crede. Il dialogo – ha precisato il segretario di Stato – deve essere tale da riuscire a costruire un consenso attorno a questa decisione condivisa.

In effetti, secondo Parolin, si sono visti dei frutti incoraggianti come il superamento di reciproche condanne, ma anche una coscienza in entrambe le parti della necessità di affrontare questi problemi con la dovuta dimensione globale, in un’epoca come quella attuale dove i problemi non sono mai solo locali. Recentemente, i vescovi cinesi hanno sottolineato che i cattolici di quel Paese chiedono di essere integrati a pieno titolo, dopo decenni, nella comunione universale della Chiesa cattolica, portando, d’altro canto, il dono specifico del loro essere cinesi.

Particolarmente delicata è risultata, poi, la domanda sul processo di “cinesizzazione” delle religioni, che il governo di Xi Jinping sta portando avanti da tempo, e del suo rapporto con lo sforzo di inculturare il Vangelo che la Chiesa cattolica ha realizzato da tempo, a partire da figure di grande riferimento storico e religioso, come Matteo Ricci. A questo proposito il segretario di Stato vaticano ha voluto precisare la necessità di un distinguo fra i due processi. A fronte dell’impegno di inculturazione dell’annuncio evangelico in atto da secoli, Parolin si augura che il processo di cinesizzare le religioni non costringa i diversi credo a mutare la propria natura e dottrina. Cinesizzare una religione non deve portare alla confusione fra le diverse fedi e neanche al loro impoverimento dottrinale. Un ruolo chiave, ovviamente lo giocano gli stessi cattolici che vivono nel grande Paese asiatico, che sono chiamati ad essere autentici cinesi e pienamente cattolici.

Riferendosi, inoltre, a una domanda sul traffico di organi, a livello internazionale, sul quale Cina e Santa Sede hanno una posizione analoga, Parolin ha insistito sulla centralità del “bene comune” come interesse prioritario della Chiesa e del suo impegno per il mondo. In tal senso ha ricordato il messaggio di papa Francesco per la Giornata della Pace del 1° gennaio di quest’anno, dedicata, in modo molto significativo, a una buona politica al servizio della pace.

Verso la conclusione del dialogo, il segretario di Stato vaticano, debitamente sollecitato al riguardo, si è anche lasciato andare a ricordi personali particolarmente cari riguardo ai contatti avuti con le delegazioni cinesi in occasione degli incontri bilaterali. Erano i tempi del suo servizio in segreteria di Stato come sostituto per le Relazioni con gli Stati. Vivida la memoria di una giornata trascorsa insieme ad Assisi particolarmente importante e significativa per i rapporti umani di amicizia che ha permesso di costruire fra i membri dei due gruppi.

A conclusione il cardinale ha voluto farsi interprete dei sentimenti di papa Francesco, rivolgendo saluti calorosi alle autorità della Repubblica popolare e anche ai suoi cittadini. Ha ricordato come la richiesta di papa Francesco ai cattolici cinesi, in occasione della firma dell’accordo, sia stata quella di percorrere il cammino dell’unità. Lo scopo di questi accordi e contatti deve essere quello di poter contribuire a superare la globalizzazione dell’indifferenza dimostrando di essere veri artigiani di pace e promotori di fraternità.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons