Parole utili
Abbiamo un bambino di quasi due anni che praticamente non parla (dice solo mamma, papà, nonna, bubu). Come fare a insegnargli a dire pipì e popò quando ne ha bisogno o, al limite, quando l’ha appena fatta? Questo tenendo conto che è restio anche a pronunciare le sue tre-quattro paroline . Maria e Michele – Vicenza Le parole per comunicare servono davvero? Certamente semplificherebbero la vita, sottolineano i genitori che mi pongono la domanda. Associare alle azioni o agli oggetti e alle persone una parola (ad esempio mamma) e arrivare poi a realizzare una frase semplice (mamma mia) e poi complessa (mamma mia non c’è) è evidentemente un percorso a tappe. Le esperienze, l’attitudine individuale, complessivamente lo sviluppo neurologico e il crearsi di connessioni tra le diverse aree del cervello sono l’insieme dei fattori che portano il bimbo a parlare. All’età di vostro figlio è assolutamente normale che sappia dire pochi vocaboli. Inoltre il momento della liberazione dal pannolino non coincide necessariamente con la capacità di esprimersi efficacemente, quantomeno verbalmente: da qui le scene tragicomiche di questa fase della vita! È però un periodo brev vissimo e ben presto si risolverà magicamente, proprio perché il piccolo capirà, più o meno in fretta, dall’esperienza. Il problema in effetti non è tanto insegnargli le paroline giuste, quanto far sì che il delicato momento dello sviluppo psico-relazionale legato al controllo degli sfinteri sia un’occasione in cui possa imparare dai propri sbagli senza subire umiliazioni da coloro che sono il tutto della sua vita: i genitori e quanti lo accudiscono. Nella relazione tra le persone, tanto più con i bambini, le parole sono una forma povera di comunicazione. Si è calcolato che, tra adulti, le parole trasmettono al massimo il 30 per cento del contenuto che si vuole riferire. L’altro 70 per cento è dato dalla comunicazione non verbale o paraverbale (il tono della voce, l’espressione del volto, lo sguardo, ecc…). Ciò è tanto più vero nei primi anni di vita. Il bambino capisce e si fa capire anche senza proferir verbo: imparerà ad usare il vocabolario nella misura in cui ne avrà bisogno, influenzato dagli stimoli che riceverà ma anche dalla predisposizione costituzionale e genetica. Come insegnargli le paroline giuste, da dire al momento giusto? Giocando, ridendo, facendogli sentire che anche dire quella parola è un gioco, ma un gioco d’amore. Accentuare i complimenti quando vi riesce, senza mai mortificare, cercando di conciliare i suoi tempi con le nostre esigenze, mettendo però al centro non il risultato ma noi e lui. Così, se è troppo problematico farlo stare senza pannolino perché sporca dappertutto, cerchiamo soluzioni che vedano entrambi vincitori: ad esempio aspettiamo a togliere il pannolino durante le vacanze al mare, o accompagniamolo a fare la pipì cantando una canzoncina ad hoc, ecc..! Concludendo, io non insisterei più di tanto nel volergli insegnare a dire pipì o popò. Imparerà comunque. Invece l’autostima sarà quella che potrà apprendere da voi genitori più che da chiunque altro. Come? La imparerà dalla vita: se si è sentito stimato da coloro che sono per lui importanti ciò sarà la base per acquistare fiducia in sé stesso e, con l’autostima, avrà con sé l’arma più forte per affrontare qualsiasi ostacolo. In merito a quanto state ora vivendo potrà poi succedervi negli anni avvenire quello che è avvenuto a me e mia moglie: ci si è ritrovati a sfogliare vecchie foto e a ricordare con nostalgia e simpatia di quando sporcava in tutta la casa senza proferir verbo.