Parole forti. Parole di un Papa
Mercoledì delle Ceneri. Incontro atteso con Benedetto XVI per migliaia di persone. Ma quella basilica di San Pietro affollata pareva contenesse una persona sola. Partecipazione e commozione. Quasi il respiro trattenuto, unanime. Accade quando si sa di trovarsi di fronte ad una svolta che ti supera, ad un inedito che ti riguarda e intimamente ti coinvolge.
Fatica a trattenere la commozione una guardia vaticana mentre per l’ultima volta vede salire all’altare del Bernini, Benedetto XVI. La scaccia via cercando di ritornare alla serietà del suo ruolo, ma incontrollabile ne sfugge un’altra, mentre il bacio del Papa all’altare si prolunga. Il suo incedere solenne non riesce a mascherare la fatica fisica, anche se la voce resta sempre ferma: è l’ultima celebrazione ufficiale del suo papato.
“Preghiamo”. E’ la prima parola che pronuncia con forza, sintesi limpida, inequivocabile di quanto forse lui ha in animo. Lo fa capire meglio nella sua omelia. E’ come se il suo atto di rinuncia al ministero di Vescovo di Roma, si stagliasse nella sua dimensione profonda: spirituale, cristiana, umana. E come se il suo atto di “riconsegna” attirasse la presenza e l’azione di Colui di cui finora è stato vicario. Da qui la forza e la verità delle sue parole di fiducia in Dio. Ma anche della sua denuncia.
“Laceratevi il cuore e non le vesti”, parole del profeta Gioele. E il Papa: “Anche nei nostri giorni, molti sono pronti a ‘stracciarsi le vesti’ di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri – ma pochi sembrano disponibilità ad agire sul proprio ‘cuore’, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta”. E ancora: “Ma è possibile questo ritorno a Dio? Sì, perché c’è una forza che non risiede nel nostro cuore, ma che si sprigiona dal cuore stesso di Dio. E’ la forza della sua misericordia”.
Le colpe contro l’unità della Chiesa. Quel “ritornate a me con tutto il cuore” di Dio attraverso il profeta, ammonisce Benedetto XVI “è un richiamo che coinvolge non solo il singolo, ma la comunità” e il “Noi della Chiesa è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme”. Benedetto XVI pronuncia parole severe, per noi oggi. Richiama all’importanza della testimonianza personale e collettiva per “manifestare il volto della Chiesa”, a volte “deturpato”. “Penso in particolare alle colpe contro l’unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale”, all’urgenza di superare “individualismi e rivalità”.
Autenticità, verità. Suona forte in quella Basilica il richiamo all’“autenticità di ogni gesto religioso”, alla denuncia de “l’ipocrisia religiosa”, del “comportamento che vuole apparire”, de “gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione”. E come non trovare un tratto autobiografico quando Benedetto XVI afferma “Il vero discepolo non serve se stesso o il pubblico, ma il suo Signore”? Riecheggia sotto la cupola del Bernini la parola “convertitevi”. Parola anch’essa plurale. “La riconciliazione che ci viene offerta ha avuto un prezzo altissimo” perché , “in questa immersione di Dio nella sofferenza umana e nell’abisso del male sta la radice della nostra giustificazione”. “Il ritornare a Dio con tutto il cuore passa attraverso la Croce”, ha continuato, “il seguire Cristo passa sulla strada che conduce al Calvario, al dono totale di sé”.
Ora. Una croce di cenere grigia sul capo di Benedetto XVI, simile a quella segnata sulla testa delle migliaia di fedeli accorsi nella basilica di san Pietro accompagna la conclusione del pontificato di Papa Ratzinger. Questo è il momento favorevole. Occorre l’adesione personale. Questa “è un’occasione unica e irrepetibile”. Ora possiamo ”ritornare a Dio con tutto il cuore”. La sua grazia “ci fa uomini nuovi”, perché partecipi “alla vita stessa di Gesù”.
Così ci rassicura Papa Benedetto, con la forza quasi di un testamento.