Parole di pace

Può un pedagogista disinteressarsi di politica? Certamente no, soprattutto quando è in grande pericolo l’educazione, minati i cervelli e le coscienze dei più piccoli. Ne dà motivo l’umiliazione del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj. Qualsiasi opinione si abbia sulla guerra di resistenza con cui egli difende la libertà del suo popolo, questo disumano uso delle parole porta in sé qualcosa di inquietante. Per questo, come educatore, sento il dovere di esprimere indignazione per il clima di odio che ci infesta.
Le sprezzanti parole rilanciate dai media non possono passare sotto silenzio. I giovani ce ne chiederanno conto. Ciò che succede oggi è quanto puntualmente precede ogni guerra: parole come proiettili per provocare, intimorire, ridurre al silenzio. Senza entrare nel merito di come oggi si sta “promuovendo” la pace, non possiamo voltare la testa indifferenti di fronte a parole come «bastardino nazista, cane infestato di pulci… pazzo e pericoloso… meglio sopprimerlo in silenzio, senza sofferenza».
Quello che sorprende è l’indifferenza di fronte a questa invasione semantica, al significato perverso delle parole. Non dimentichiamo che la mancanza di rispetto è il primo grande crimine dell’umanità, da cui discendono altri crimini. Discredito, disinformazione, aggressività verbale, facce da combattimento. Parole svendute come bombe sul mercato di una pace azzoppata che cammina con la forza della disperazione. Non si sa se sarà vera pace.
Non è discutere di geopolitica il compito primario di chi vive ogni giorno tra i giovani. Ma siccome i giovani ci guardano e ci sentono, ognuno che si occupi di educazione (non solo in famiglia e a scuola, ma nel proprio modo di comportarsi) dovrebbe avere a cuore l’uso che si fa delle parole. Con esse si può dare la vita ma anche decretare la morte: parole come ali, se usate per promuovere; parole come pietre se scagliate per distruggere.
Alla recente inaugurazione dell’anno accademico nel mio piccolo ma coraggioso Istituto Universitario Sophia, la lectio magistralis del prof. Fabio Petito, professore di Relazioni internazionali all’Università del Sussex, e gli interventi di altri relatori hanno più volte sottolineato il ruolo determinante svolto dall’educazione. Formare all’uso di parole di pace dovrebbe esser il primo obiettivo di un vero leader, di ogni Educatore che in quanto tale è leader agli occhi dei più piccoli. Come hanno fatto i grandi sognatori di un’umanità giusta e fraterna, quali Gandhi, Martin Luther King… o i visionari fondatori di un’Europa unita come Schumann o De Gasperi… Parole per comprendere la complessità di contesti e di punti di vista diversi, per mediare, sostenere, unire.
È compito della famiglia, della scuola, dell’intera comunità percorrere insieme ai giovani sentieri di pace, ogni giorno, esercitati a seguirne le tracce e a ripassarle più volte per segnare la via. Senza comprensione e lunghi esercizi applicativi non si formano abitudini. Se si fa fatica perfino a mantenere in ordine la propria stanza, figurarsi la perseveranza che serve per imparare la pace. Come ci si può facilmente abituare al male, allo stesso modo, ma con più determinazione, imparare a prender dimestichezza con il bene.
La guerra non è nel nostro retaggio evoluzionistico. Come ci siamo più volte arresi all’inevitabile destino della guerra, allo stesso modo ci possiamo testardamente lavorare per la pace: sentieri su cui spesso si perdono le tracce, da percorrere e ripercorrere più volte per non perderne la memoria. Per questo occorrerebbe nei telegiornali e nei salotti confrontarci di più su “come” allenarci alla pace. Educatori, Scuola e Famiglia, ogni forma di aggregazione civile, associazioni giovanili e adulte non possono stare alla finestra mentre, fuori, disinformazione e urla disumane la fanno da padrone e occupano le vie. Bisogna con pazienza e lungamente abituarci ad usare parole buone. La pace avrà il mio volto, le mie mani, le mie parole.
Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre riviste, i corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it