Parola di vita – Novembre
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9).
Il Vangelo di Matteo è stato scritto da un cristiano proveniente dall’ambiente giudaico del tempo; per questo contiene tante espressioni tipiche di quella tradizione culturale e religiosa.
Nel capitolo 5, Gesù è presentato come il nuovo Mosè, che sale sul monte per annunciare l’essenza della Legge di Dio: il comandamento dell’amore. Per dare solennità a questo insegnamento, il Vangelo ci dice che egli è seduto, come un maestro.
Non solo: Gesù è anche il primo testimone di ciò che annuncia. Questo risalta con grande evidenza quando proclama le Beatitudini, programma di tutta la sua vita. In esse si rivela la radicalità dell’amore cristiano, con i suoi frutti di benedizione e pienezza di gioia. Beatitudine, appunto.
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».
Nella Bibbia, la pace, Shalom in ebraico, indica la condizione di armonia della persona con sé stessa, con Dio e con ciò che la circonda; ancora oggi, si fa saluto tra persone, come augurio di vita piena. La pace è prima di tutto dono di Dio, ma è anche affidata alla nostra adesione.
Fra tutte le beatitudini, questa risuona infatti come la più attiva, che ci invita ad uscire dall’indifferenza per farci costruttori di concordia a partire da noi stessi e intorno a noi, mettendo in moto intelligenza, cuore e braccia. Chiede l’impegno a prendersi cura degli altri, a sanare ferite e traumi personali e sociali provocati dall’egoismo che divide, a promuovere ogni sforzo in questa direzione.
Come Gesù, il Figlio di Dio, che ha compiuto la sua missione quando ha dato la vita sulla croce per riunire gli uomini al Padre e riportare la fraternità sulla terra. Per questo, chiunque sia costruttore di pace assomiglia a Gesù ed è riconosciuto, come lui, figlio di Dio.
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».
Sulle orme di Gesù, anche noi possiamo trasformare ogni giornata in una “giornata della pace”, ponendo fine alle piccole o grandi guerre che quotidianamente si combattono intorno a noi. Per realizzare questo sogno è importante costruire reti di amicizia e solidarietà, porgere la mano per dare aiuto, ma anche per accettarlo.
Come raccontano Denise e Alessandro: «Quando ci siamo conosciuti, stavamo bene insieme. Ci siamo sposati e l’inizio è stato molto bello, anche per la nascita dei figli. Con il passare del tempo sono cominciati gli alti e bassi; non c’era più alcuna forma di dialogo tra noi, ma ogni cosa era oggetto continuo di discussioni. Abbiamo deciso di rimanere insieme, ma continuavamo a ricadere negli stessi errori, rancori e contrasti. Un giorno, una coppia di amici ci ha proposto di partecipare ad un percorso di sostegno per coppie in difficoltà[1]. Abbiamo trovato non solo persone competenti e preparate, ma una “famiglia di famiglie”, con cui abbiamo condiviso i nostri problemi: non eravamo più soli! Una luce si è riaccesa, ma è stato solo il primo passo: una volta a casa non è stato facile e ogni tanto cadiamo ancora. Quello che ci aiuta è prenderci cura l’uno dell’altro, con l’impegno a ricominciare e rimanere in contatto con questi nuovi amici, per andare avanti insieme».
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio».
La pace, quella di Gesù, come dice Chiara Lubich, «esige da noi cuore e occhi nuovi per amare e vedere in tutti altrettanti candidati alla fratellanza universale».
E aggiunge: «Ci possiamo chiedere: “Anche nei condòmini litigiosi? Anche nei colleghi di lavoro che intralciano la mia carriera? Anche in chi milita in un altro partito o in una squadra di calcio antagonista? Anche nelle persone di religione o di nazionalità diverse dalla mia?”. Sì, ognuno mi è fratello e sorella. La pace inizia proprio qui, dal rapporto che so instaurare con ogni mio prossimo. “Il male nasce dal cuore dell’uomo”, scriveva Igino Giordani, e “per rimuovere il pericolo della guerra occorre rimuovere lo spirito di aggressione e sfruttamento ed egoismo dal quale la guerra viene: occorre ricostruire una coscienza”[2]. Il mondo cambia se cambiamo noi, […] soprattutto, mettendo in rilievo ciò che ci unisce, potremo contribuire alla creazione di una mentalità di pace e lavorare insieme per il bene dell’umanità. […] È l’amore che, alla fine, vince perché è più forte di ogni cosa. Proviamo a vivere così in questo mese, per essere lievito di una nuova cultura di pace e giustizia. Vedremo rinascere in noi e attorno a noi una nuova umanità»[3].
[1] cfr. 10 anni di “Percorsi di luce” in https://www.focolare.org/famiglienuove.
[2] I. Giordani, L’inutilità della guerra, Città Nuova, 20032, p. 111.
[3] C. Lubich, Parola di Vita gennaio 2004, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) pp. 709-712.