Parola di vita – Novembre

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5, 7).

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5, 7).

Nel Vangelo di Matteo il discorso della montagna si colloca dopo l’inizio della vita pubblica di Gesù. La montagna viene vista come simbolo di un nuovo monte Sinai sul quale Cristo, nuovo Mosè, offre la sua “legge”. Nel capitolo precedente si parla di grandi folle che cominciarono a seguire Gesù e alle quali egli indirizzava i suoi insegnamenti. Questo discorso viene invece donato da Gesù ai discepoli, alla comunità nascente, a quelli che poi saranno chiamati cristiani. Egli introduce il “regno dei cieli” che è il nucleo centrale della predicazione di Gesù[1], di cui le beatitudini rappresentano il manifesto programmatico, il messaggio della salvezza, la «sintesi di tutta la Buona Novella che è la rivelazione dell’amore salvifico di Dio»[2].

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

Cos’è la misericordia? Chi sono i misericordiosi? La frase viene introdotta dalla parola “beato/i”[3], che significa felice, fortunato e assume anche il significato di essere benedetto da Dio. Nel testo, tra le nove beatitudini, questa si trova al posto centrale. Esse non vogliono rappresentare dei comportamenti che vengono premiati, ma sono vere e proprie opportunità per diventare un po’ più simili a Dio. In particolare, i misericordiosi sono coloro che hanno il cuore ricolmo d’amore per lui e per i fratelli, amore concreto che si china verso gli ultimi, i dimenticati, i poveri, verso chi ha bisogno di questo amore disinteressato: Misericordia, infatti, è uno degli attributi di Dio[4]; Gesù stesso è misericordia.

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

Le beatitudini trasformano e rivoluzionano i più comuni princìpi del nostro pensare. Esse non sono soltanto parole consolatorie, ma hanno il potere di cambiare il cuore, hanno la potenza di creare una nuova umanità, rendono efficace l’annuncio della Parola. Occorre vivere la beatitudine della misericordia anche con sé stessi, riconoscersi bisognosi di quell’amore straordinario, sovrabbondante e immenso che Dio ha per ciascuno di noi.

La parola misericordia[5] deriva dall’ebraico rehem = “grembo” ed evoca una misericordia divina senza limiti, come la compassione di una madre per il suo bambino. È «un amore che non misura, abbondante, universale, concreto. Un amore che tende a suscitare la reciprocità, che è il fine ultimo della misericordia. […] E allora, se abbiamo ricevuto qualsiasi offesa, qualsiasi ingiustizia, perdoniamo e saremo perdonati. Siamo i primi a usare pietà, compassione! Anche se sembra difficile e ardito, chiediamoci, di fronte a ogni prossimo: come si comporterebbe sua madre con lui? È un pensiero che ci aiuta a capire e a vivere secondo il cuore di Dio»[6].

 

«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

 

«Dopo due anni di matrimonio, nostra figlia e suo marito hanno deciso di separarsi. L’abbiamo accolta di nuovo nella nostra casa e nei momenti di tensione abbiamo cercato di volerle bene avendo pazienza, con il perdono e la comprensione nel cuore, conservando un rapporto di apertura nei suoi confronti e con suo marito, soprattutto cercando di non avere giudizi. Dopo tre mesi di ascolto, di aiuto discreto e di tante preghiere, essi sono tornati insieme con nuova consapevolezza, fiducia e speranza»[7].

Essere misericordiosi, infatti, è più di perdonare. È avere un cuore grande, non vedere l’ora di cancellare tutto, di bruciare completamente tutto ciò che può ostacolare il nostro rapporto con gli altri. L’invito di Gesù a essere misericordiosi è offrire una via per riavvicinarci al disegno originario, perché possiamo diventare quello per cui siamo stati creati: essere ad immagine e somiglianza di Dio.

 

[1] Vedi Mt 4:23 e 5:19, 20.

[2] C. Lubich, Parola di Vita novembre 2000, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017), p. 633.

[3] In greco makarios/i che viene usato sia per descrivere una condizione di fortuna, di felicità degli esseri umani che per indicare la condizione privilegiata degli dèi rispetto a quella degli esseri umani.

[4] In ebraico hesed, cioè amore disinteressato e accogliente, pronto a perdonare.

[5] Rahamim in ebraico.

[6] Cit., C. Lubich, Parola di Vita novembre 2000, pp. 633-634.

[7] Esperienza tratta dal sito  www.focolare.org.

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