Parola di Vita – Agosto
Gesù si dirige verso la regione di Tiro e Sidone, in terra straniera. Pare che cercasse con i suoi un po’ di riposo finalmente, e forse anche solitudine, silenzio, preghiera, rifugio. All’improvviso giungono loro le grida di una donna, che, come altri personaggi nei Vangeli, non ha nome. La sua presenza disturba e dà fastidio ai discepoli, che «implorano» Gesù di esaudirla per liberarsene: «Ci viene dietro gridando». La donna non si blocca per il fatto di non essere israelita, né di essere donna, né perché il Maestro la ignori. È una madre, disperata per la figlia «molto tormentata da un demonio». Avvicina Gesù con la tenacia di volere un incontro personale con lui, e riesce a «prostrarsi dinanzi» al Maestro mentre insiste nella sua richiesta di aiuto. Gesù le rivolge parole di una durezza inaudita: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». La donna accetta il diniego; comprende che il suo mondo non fa parte della missione primaria di Gesù; assume che il suo Dio non è una macchina distributrice di grazie, ma un padre che chiede un rapporto secondo verità che passa dal riconoscere anche la propria personale povertà. Questa donna, consapevole di ciò, guarda Gesù negli occhi: «È vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Mette Gesù, per così dire, con le spalle al muro, e lui si lascia commuovere dall’umiltà di chi si accontenta delle briciole. Persino le sue grida sembrano esprimere una fede e lo chiama «Signore, Figlio di David!». La sua grande fede viene scolpita nei Vangeli da alcuni verbi: la donna esce e va verso Gesù; grida; piange; domanda pietà; lo riconosce Signore e gli si prostra innanzi; mantiene intatta la tenacia e la certezza che per il Signore l’impossibile è possibile; risponde alla durezza di Gesù con una logica impeccabile. Amore materno e fiducia sono i suoi punti di forza. «E da quell’istante sua figlia fu guarita». Questa Parola è la fotografia della fede viva e operativa in una persona. E, al contempo, mostra il travaglio e il cammino della prima comunità cristiana, a cui Matteo si rivolge, nell’aprirsi al mondo non ebraico, che è alla ricerca e ospita grande fede.
Come per la donna sirofenicia, «anche la nostra fede può essere messa in crisi da una difficoltà improvvisa, da un evento imprevisto che viene a sconvolgere i nostri progetti, da una grave malattia, dal prolungarsi di una situazione molto dolorosa»1, e potremo aggiungere dalla non pace nel mondo, dalle ingiustizie strutturali, dal pianeta gravemente malato, da conflitti familiari e sociali… E una delle nostre debolezze potrebbe essere la mancanza di perseveranza e di piena fiducia. «Dio permette che la nostra fede attraversi situazioni difficili e, a volte, assurde. Egli vuole purificarla, vuole vedere se noi sappiamo veramente abbandonarci in Lui, credendo che il suo amore è molto più grande dei nostri progetti, desideri o attese»
1 Cf. C. Lubich, Parola di Vita di giugno 1994, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5; Città Nuova, Roma 2017) p. 550.