Parma celebra Correggio e Parmigianino
Parma, la città italiana sarà ancora per il 2021 capitale italiana della cultura, bloccata l’anno scorso dalla pandemia. Ne approfitta per celebrare due pittori unici che il grande pubblico merita di conoscere. Lo può fare venerdì 22 gennaio alle 21,15 su rai 5 canale 23 dove alcuni studiosi parleranno di loro con immagini stupende.
Ma chi sono Antonio Allegri detto il Correggio, dalla città natale, e Francesco Mazzola detto il Parmigianino? Sono i grandi interpreti del Rinascimento a Parma nel Cinquecento.
Chi entra nella cattedrale e poi, subito dopo, dietro, nella chiesa di san Giovanni evangelista sarà travolto dalla bellezza delle cupole affrescate. Un vortice di corpi freschi, di luci, un calore umano e divino che esplode in gioia e in una grandissima pace. Correggio (1489 – 1534) è il pittore della pace intima, della libera gioia di vivere. Nella cupola di san Giovanni affresca l’Ascensione di Cristo fra gli apostoli sulle nubi. Certo ricorda Raffaello e Michelangelo ma non è schiacciato da loro, è sé stesso. Dipinge figure giovani nel corpo e nell’anima, dolcemente ombrate: figure luminose, splendenti nell’oro. Correggio è pittore di luce calda, come nel duomo dove affresca l’Assunzione di Maria fra nugoli di angeli verso l’empireo dorato. Un vortice che risucchia tutto in alto nella festa da cui imparerà la pittura barocca. Correggio è il creatore del teatro pittorico visionario del Sei-Settecento.
Vedere le sue opere trasmette una pace profonda. A Parma ha pure dipinto la Camera della Badessa Giovanna Piacenza nel monastero di san Paolo. Una festa di bambini che giocano e scherzano fra un pergolato aereo nella volta: un inno alla vita. È così pure nelle pale d’altare, dalla Madonna di san Girolamo (Bologna, Pinacoteca Nazionale) alla Natività di Dresda fino alla serie mitologica degli Amori di Giove. Nessun limite all’amore, sia infantile e materno, sia religioso o pagano. Correggio è libero: ama la vita. Perciò è gioioso, fantasioso, rasserenante.
Francesco Mazzola detto il Parmigianino (1503 – 1544) è di un’altra generazione. Uno che non ha conosciuto troppo il momento aureo del Rinascimento, ma eventi traumatici, come le guerre e il Sacco di Roma nel 1527, da cui è scappato. Perciò è irrequieto agitato, stravagante.
Il ragazzo dal volto angelico che si autoritrae a Vienna dipinge tavole e tele nervose, sofisticate, bizzarre. La ragazza detta “Antea ”a Napoli (Capodimonte) emerge inquieta dal fondo verde e ci guarda negli occhi dritta come il conte Sanvitale in rosso sempre a Napoli: cercano altri sguardi, devono parlare, devono “dire”. Che fascino questa ambiguità, questo mistero.
Come la Madonna dal collo lungo agli Uffizi, una Immacolata sofisticata in mezzo a ragazzi-angeli irrequieti, fra echi lontani misteriosi. O come Diana e Atteone nel bagno per il conte Sanvitale nella rocca di Fontanellato presso Parma, un piccolo ambiente pulsante di frenesia. È quella della corte danzante delle Vergini bibliche nella chiesa della Steccata in città, una sfilata di moda elegantissima sul soffitto: una bellezza e una grazia ricercata super moderna, con qualcosa di febbrile addosso. Come era forse il pittore all’epoca, che a quanto pare, si dedicava all’alchimia.
Vero?Lo diranno gli esperti venerdì parlando pure della mostra alla Pilotta sui due artisti. Da non perdere.