Come parlare della morte e della malattia ai bambini?
Marta e Matteo persero la mamma in seguito ad un attacco cardiaco. Avevano rispettivamente otto e quattro anni, e questa morte improvvisa li sconvolse non poco. Il padre, Carlo, anch’egli profondamente provato per la morte della moglie, ebbe da subito la grande preoccupazione di come parlare di questa perdita con i figli. Che linguaggio avrebbe dovuto utilizzare? Avrebbe potuto fargli vedere la madre morta? Al funerale chi avrebbe dovuto partecipare?
La morte, la malattia e tutti gli eventi dolorosi espongono ciascuno di noi a numerose riflessioni. Si tende a mettere in atto tutta una serie di strategie per far fronte all’evento pervasivo che ci colpisce: c’è chi ha la fede e si dedica maggiormente alla preghiera, chi invece inizia a dedicarsi al volontariato, chi cerca supporto sociale, chi si chiude in profondi periodi di sofferenza e silenzio, e così via. Tutte queste strategie possono essere valide, aiutano a contenere quel dolore e a dargli un significato. Sono tutti strumenti stabili o transitori che traghettano la persona sofferente verso una ripresa più o meno totale della propria vita e la accompagnano in una faticosa elaborazione.
Se questa elaborazione non avviene possiamo trovarci dinanzi a dolori non risolti, lutti congelati, che accompagnano l’individuo nel corso di tutta l’esistenza e possono avere importanti ripercussioni anche in futuro. Un processo simile avviene anche quando la morte, la malattia e la sofferenza toccano da vicino un bambino. Come fare in quei casi?
Il primo istinto dell’adulto che si prende cura di lui è quello di proteggerlo. Spesso, però, ci si sbaglia su cosa sia la protezione ed al bambino vengono fornite informazioni parziali, dette a mezza bocca, sotto voce, poco chiare, che contribuiscono solo a creare un clima di tensione e paura. Sebbene a volte la verità faccia soffrire, è solo attraverso di essa che al bambino potrà essere fornita una realtà chiara che proprio perché così sarà meno spaventosa e potrà essere affrontata con il supporto degli adulti di riferimento. Se al contrario non se ne parla, sarà il bambino stesso a cercare di darsi da solo delle spiegazioni che spesso possono risultare confuse e poco chiare.
Sarebbe necessario, a tal proposito, usare una comunicazione diretta, che tenga conto dell’età del bambino che si ha di fronte, ma che sia al tempo stesso sempre basata sulla verità dei fatti. Una comunicazione che non nasconde, ma semplifica affinché il bambino possa capire, senza eludere, per quanto difficile possa essere, eventuali domande che possono sorgere (Morirò anche io? Anche i bambini muoiono? Moriremo tutti?). Solo questo aiuterà un processo di maggiore comprensione ed elaborazione.
È necessario utilizzare delle parole semplici e concrete che diano realmente al bambino la concezione di quello che sta accadendo. Frasi del tipo «la nonna è morta» sono preferibili a frasi come «la nonna è volata in cielo». Il bimbo, infatti, può far fatica a gestire delle metafore che molto contrastano con la realtà del dolore che sta vivendo e che possono esporlo a delle contraddizioni difficili da risolvere. Senza considerare che soprattutto con bambini piccoli, usare questo tipo di linguaggio può generare fraintendimenti e messaggi pochi chiari.
Senza voler generalizzare, considerando l’unicità di ogni situazione, nel caso della morte di una persona cara, potrebbe essere utile far partecipare i bambini al funerale, inteso come un rito di passaggio ed un momento di intimo contatto tra chi vi partecipa ed il morto. Il funerale può in qualche modo segnare un momento di confine tra la vita e la morte, un rito di chiusura che può senz’altro aiutare l’elaborazione del lutto.
Lo psichiatra statunitense Murray Bowen scriveva: «Mai ho visto un bambino turbarsi di fronte alla morte; ciò che turba è solo il contatto con l’ansia di chi sopravvive». Bowen parla di ansia di chi sopravvive, non del dolore. Il dolore c’è, anche gli adulti sentono profondamente la sofferenza quando perdono una persona cara, una sofferenza inevitabile che non è necessario nascondere al bambino.
Importante, invece, può essere circondarsi di persone care, che possono sostenere il dolore di chi hanno intorno e che siano pronti ad accogliere i dubbi e le lacrime di un bambino senza farsi sopraffare dall’ansia e dalla preoccupazione. Sarebbe utile creare un clima in cui si possa parlare del dolore, della sofferenza e della morte, senza negarla e senza far sì che i bambini temano di toccare l’argomento. Dinanzi ad eventi così pervasivi e dolorosi ognuno reagisce a modo proprio, ed anche i bambini reagiscono in modo sempre unico e personale. Gli adulti però è necessario che tengano a mente che la capacità dei bambini di affrontare la malattia, la morte ed ogni evento doloroso dipende primariamente dalla capacità degli adulti di riferimento.
Nella nostra società spesso la morte è un tabù. Si parla tanto della vita, della salute, ma poco si parla della morte e della malattia e spesso sono gli adulti stessi a sentirsi a disagio ad affrontare questi argomenti dolorosi con i bambini. Se, però, si riesce a parlarne senza ansie e paure, la questione può essere accolta in modo molto naturale dal bambino che la inserisce a poco a poco all’interno del ciclo della sua esistenza.