Nuovo parlamento e azzardopoli, tutto può succedere
La nuova, inedita, composizione di Camera e Senato rappresenta un rebus per trovare i numeri di un possibile governo. Nel frattempo, come esposto sulla rivista Città Nuova di marzo, incombe il 10 aprile, data di scadenza per l’approvazione, da parte del parlamento, del Def (Documento di economia e finanza) indirizzato immediatamente alla Commissione europea per illustrare le strategie in campo economico per i prossimi 3 anni. Chi e cosa deciderà davvero? L’accordo su alcuni punti specifici potrebbe definire i contorni di una possibile maggioranza concorde su alcuni punti nel merito, a cominciare dai vincoli del fiscal compact.
Un “caso perfetto”
La disciplina dell’azzardo, apparentemente molto semplice, è, come al solito, “un caso perfetto” per comprendere la realtà delle cose e l’attuale instabilità politica può rappresentare una grande occasione per cambiare le regole del gioco e sondare il potere inossidabile delle lobby.
Procediamo con ordine. Nei consueti appelli prima del voto la campagna di pressione “Mettiamoci in gioco”, che raduna molte associazioni cattoliche e laiche, ha chiesto l’adesione a 4 impegni da parte dei candidati per introdurre il divieto assoluto della pubblicità, ridurre di un terzo l’offerta complessiva del gioco, ribadire il diritto di Regioni ed Enti locali a regolamentare l’offerta del gioco d’azzardo sul proprio territorio (“senza annullarla ma senza nemmeno essere vincolati all’intoccabilità degli interessi già esistenti”) e aumentare le risorse destinate al sistema dei servizi per “garantire cura e assistenza gratuite alle persone affette da disturbo da gioco d’azzardo”.
Una richiesta del genere, moderata e “riformista”, avrebbe potuto essere accettata dall’intergruppo parlamentare sull’azzardo coordinato, nella legislatura appena terminata, dal deputato Pd Lorenzo Basso che, tuttavia, non rientrerà, per il momento, a palazzo Montecitorio. Anche in caso di vittoria del Pd, Basso avrebbe avuto, comunque, dei problemi a tornare alla Camera perché il suo partito lo aveva collocato al numero 3 di un collegio plurinominale in Liguria. Probabilmente perché il deputato genovese è vicino all’area orlandiana o, verosimilmente, per la sua opposizione alla linea della maggioranza in tema di azzardo incarnata dal sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta, anch’egli, tuttavia, non eletto per aver perso nel collegio uninominale in Veneto, senza disporre di “paracadute”.
La linea di Baretta aveva trovato l’opposizione anche da parte di esponenti lombardi del centrodestra, a partire dall’assessore Viviana Beccalossi, di Fratelli d’Italia, riconfermata in giunta regionale grazie alla netta vittoria, in Lombardia e a livello nazionale, della coalizione guidata, ormai, dal duo Salvini Berlusconi.
Nella legislatura appena terminata, una posizione decisa nel campo dell’azzardo, abbinata ad una polemica diretta contro la presenza dei lobbisti in Parlamento, è stata portata avanti dal M5S con diversi esponenti che, come nel caso della proposta di legge sul divieto di pubblicità dell’azzardo, hanno operato in sinergia con l’operato del dem Lorenzo Basso che aveva presentato alla Camera un articolato disegno di legge identico a quello avanzato dal pentastellato Giovanni Endrizzi al Senato.
Proposte snobbate e mai arrivate alla discussione in Aula. L’abolizione della pubblicità dell’azzardo, è bene ricordare, è uno dei modi per allentare l’influenza delle aziende del settore nel mondo della comunicazione. Come si può vedere, ad esempio, anche programmi televisivi come Propaganda live de La 7, di proprietà del gruppo Cairo communication, sono sponsorizzati da un sito di scommesse sportive.
La proposta radicale di Slot Mob
Al nuovo Parlamento tuttavia si può chiedere molto di più di alcuni gesti di rottura, o di limitazione del danno provocato dall’incentivazione dell’azzardo di massa che ha sfondato il muro dei 100 miliardi di euro di raccolta nel 2017.
Già nel gennaio 2018 il movimento Slot Mob ha chiesto una svolta radicale per i parlamentari che si andranno ad insediare il prossimo 23 marzo e, cioè, «di mettere seriamente in discussione il sistema delle concessioni pubbliche a soggetti for profit, slegando in questo modo l’interesse economico privato da questo settore» da rendere, nel frattempo, totalmente trasparente poiché «vi sono società concessionarie i cui soci sono schermati da società fiduciarie o fondi d’ investimento e pertanto anonimi, in contrasto con quanto previsto dal codice antimafia e la riforma della normativa antiriciclaggio in sede Ue».
Una istanza di democrazia economica che intende colpire gli interessi delle multinazionali del settore a favore di una gestione pubblica responsabile e disincentivante di un fenomeno cresciuto in maniera abnorme nel pieno della più grande crisi economica del dopoguerra.
Si può costituire oggi in Parlamento una maggioranza trasversale che almeno su tale punto si riveli capace di un reale cambio di prospettiva? Il problema resta sempre quello delle entrate nelle casse dello Stato degli introiti dell’azzardo. Circa 10 miliardi di euro che vanno recuperati in maniera diversa se si vuole davvero ridurre il consumo di massa. Occorre, perciò, definire cosa significa nel programma M5S alimentare, in parte, il cosiddetto reddito di cittadinanza dalla tassazione dell’azzardo. Tali introiti, come nota Confindustria, già oggi servono a coprire servizi che lo Stato non può assicurare. Il vero obiettivo è quello di strutturare il bilancio dello Stato in modo da prevedere flussidi denaro sempre più ridotti dal comparto dell’azzardo, anche in caso di aumento disincentivante dell’aliquota della tassazione.
Tutto può accadere
In un tempo di equilibri instabili, tutto può accadere. Una particolare attenzione andrà posta alla persona che andrà a ricoprire, in una qualsiasi tipologia di governo, il ruolo di sottosegretario all’economia con delega ai giochi pubblici. Per diversi anni quella casella è stata occupata dal deputato di Forza Italia Alberto Giorgetti che dichiarava apertamente la sua vicinanza al mondo delle imprese dell’azzardo considerate come garanzia di efficienza del sistema. Il suo successore, Baretta, pur provenendo dal mondo sindacale, ha sempre messo in evidenza la necessità di tenere assieme tre esigenze: la salute pubblica, le casse dello stato e i legittimi interessi degli investitori, che sono poi i datori di lavoro per circa 130 mila dipendenti della filiera.
Un cambio effettivo di prospettiva presuppone che si riconosca una priorità costituzionale tra i valori da rispettare e cioè che, secondo l’articolo 41 della Carta, l’iniziativa economica privata «non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Mentre gli stessi miliardi di euro attirati nel gorgo dell’azzardo, con tutti i noti effetti patologici, possono, se impiegati in maniera diversa, produrre maggiore e migliore occupazione.
Secondo il noto lobbista Claudio Velardi, per incidere davvero, non servirebbe perdere troppo tempo con i parlamentari, ma rivolgersi a segreterie di partiti e governo. Il nuovo Parlamento del 2018, tra nuove maggioranze e opposizioni, sarà in grado di cambiare tale disincantata previsione?