Parigi e fine del franco CFA, dubbi sulla svolta postcoloniale
La Francia, ex potenza coloniale, con un semplice decreto ha registrato la morte del franco Cfa nei Paesi di lingua francese nell’ovest del continente. La misura non riguarda i sei Paesi dell’Africa centrale, cioè Camerun, Repubblica centrafricana, Congo, Gabon, Guinea equatoriale e Ciad, che usano questa valuta ma che formano una zona monetaria separata. Vestigia coloniali per alcuni, strumento di stabilità per altri, il franco Cfa rimane la valuta di 15 Paesi africani. Ma 74 anni dopo la sua creazione, questo sistema è ancora oggetto di molteplici critiche e cerca di evolvere.
L’accordo prevede che la Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale (Bcdeao) non dovrà più depositare metà delle sue riserve valutarie presso il ministero del Tesoro francese. Inoltre, Parigi si sta ritirando dagli organi di governo in cui era presente. «La Francia non nominerà più alcun rappresentante nel Consiglio di amministrazione e nel Comitato di politica monetaria della Bcdeao o presso la Commissione bancaria Waemu (Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale)», ha spiegato l’Eliseo.
Ma la Francia intende mantenere la mano sul suo “giardino esclusivo”, come ha ricordato il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian: «Il ruolo della Francia sta evolvendo per diventare quello di un rigoroso garante finanziario dell’area». In altre parole, la Francia continuerà a esercitare un diritto di controllo sulle politiche dei Paesi africani. La libertà non è per domani.
Immediatamente dopo l’euforia suscitata dall’annuncio di una valuta specifica per i Paesi dell’Africa occidentale e che quindi simboleggia una certa indipendenza (ma sarà mai totale?), è giunto il momento di essere prudenti. Perché secondo l’economista togolese Kako Nubukpo, leggendo questo disegno di legge ci si rende conto che le modifiche sono limitate al nome della valuta, alla chiusura del conto operativo e al ritiro dei cittadini francesi dalle autorità della Umoa. Inoltre, la flessibilità del tasso di cambio sono due elementi cruciali che non sono regolati da questo nuovo trattato, che presenta l’“eco” (ecco il nome della nuova valuta) come un semplice avatar del franco Cfa, con il mantenimento di una parità fissa tra la valuta futura e l’euro.
Per l’economista senegalese Demba Moussa Dembélé, non è più né meno un franco Cfa coperto da un altro nome e privato della presenza francese negli organi di governo. Come promemoria, il tasso di cambio dell’eco rimane fisso, ancorato all’euro.
La realtà è che la Francia svolge un ruolo molto problematico nella regione. Perché prima dell’annuncio della fine del franco Cfa, i 15 Stati dell’Ecowas (Comunità degli Stati dell’Africa occidentale) avevano concordato di lanciare una moneta comune nel 2020: l’eco, appunto. Optando per un sistema di cambio flessibile e una banca centrale di tipo federale. Ma il 21 dicembre, il presidente ivoriano Alassane Ouattara ha annunciato, alla presenza del presidente francese, che otto Paesi dell’Africa occidentale (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo) e la Francia avevano deciso questa grande riforma del franco Cfa.
Diverse fonti parlano di un complotto per ridurre l’influenza del gigante nigeriano nella regione. I Paesi di lingua inglese hanno potuto vedere, dietro questo cambio di nome, una semplice riforma del franco Cfa, lontano dalle ambizioni iniziali di una moneta unica che avrebbe riunito tutta l’Africa occidentale. Come prova, il presidente nigeriano Mohammadu Buhari ha espresso le sue paure per l’Eco. Improvvisamente, la moneta unica dell’Ecowas e la sua stessa sostenibilità sono compromesse. «Ho un sentimento di disagio che la zona Uemoa desideri riprendere l’Eco per sostituire il suo franco Cfa prima degli altri Stati membri dell’Ecowas», ha detto il presidente nigeriano in un tweet.
«La Francia non ha mai immaginato la vera indipendenza e la sovranità delle sue ex colonie. È un segreto di Pulcinella che questa tutela consenta alla Francia di godere di uno status di “Grande potenza” in Europa e in misura minore nel mondo. In un mondo in pieno sconvolgimento, perdere questa influenza avrebbe inevitabilmente precipitato il suo declino», ha spiegato Demba Dembélé Moussa.