Paradisi fiscali. Panama? Meglio il Delaware

Il sistema finanziario attuale si basa sull’elusione fiscale, secondo l’ex ministro dell'Economia Vincenzo Visco. I clienti statunitensi non hanno bisogno di Panama perché esiste la soluzione interna. Che fare? Intervista ad Andrea Baranes di Banca etica
Panama papers

I “Panama papers” sono una cifra impressionante di documenti (11,5 milioni) di un solo studio legale di Panama, dai quali emergerebbe un caso planetario di elusione fiscale. Coinvolte 215 mila società, migliaia di intermediari finanziari, oltre 500 banche, 150 tra capi di Stato e leader politici.

 

Non sarà, tuttavia, l’ennesimo scandalo sui paradisi fiscali a cambiare le regole del gioco finanziario. Come ha detto l’ex ministro dell’Economia Vincenzo Visco, è lo stesso «sistema finanziario internazionale (cioè le banche) a trovare nei paradisi fiscali quei finanziamenti a basso costo che alimentano un vero e proprio sistema parallelo e che fa capire il motivo per cui tutte le grandi banche (comprese quelle italiane) hanno sedi e sussidiarie in numerosi Paesi improbabili».

 

Secondo l’economista Stefano Zamagni, in una lunga intervista a Citta Nuova, i paradisi fiscali chiuderebbero nel giro di pochi giorni se solo esistesse una vera volontà politica. Visco pone una domanda retorica: «I singoli Paesi, Stati Uniti in testa, sono disposti a rinunciare ai loro “santuari” tradizionali, come il Delaware e simili?».

 

Partiamo da questa domanda aperta nell’intervista con Andrea Baranes, presidente della Fondazione culturale di Banca etica, nostro abituale interlocutore per comprendere meglio quello che accade nel mondo della finanza.

 

Non è strana l'assenza di nomi statunitensi nel dossier dei dati segreti conservati in uno Stato che è considerato, di fatto, una colonia degli Usa?

«È vero che sembra che gli statunitensi siano molto pochi rispetto ad altre nazioni, ma – fermo restando che possono chiaramente esserci interessi e situazioni a noi ignote dietro l’emersione dello scandalo dei Panama papers – le spiegazioni possono essere diverse. Prima di tutto teniamo presente che parliamo dei clienti di uno studio legale, non di dove erano portati e nascosti i soldi. I clienti dello studio si appoggiavano poi a diversi paradisi fiscali in tutto il mondo. Fatta questa distinzione, in alcune nazioni si tenderà a rivolgersi a un particolare studio in un particolare Paese per motivi geografici, storici, di passa parola o altro. È fin troppo noto che per gli italiani le mete preferite sono sempre state Svizzera e Lussemburgo».

 

Quindi, molto banalmente, i super ricchi degli Stati Uniti hanno strade più accessibili ai paradisi fiscali che non un gettonato studio legale panamense?

«Gli statunitensi hanno prima di tutto a disposizione il Delaware, da molti considerato uno dei peggiori paradisi fiscali del pianeta. Perché rivolgersi a uno studio legale di Panama, quando comodamente già negli Usa si trovano innumerevoli avvocati e consulenti pronti a consigliarvi dove e come spostare i vostri soldi al riparo del fisco?».

 

Esclusi per gran parte gli Usa, almeno per il momento (le rivelazioni continuano), quali sono le aree geografiche da dove provengono i nomi più significativi dell’elusione fiscale?

«Secondo quanto emerso dalle prime rivelazioni di stampa, i clienti dello studio Mossack Fonseca provengono da 204 Paesi, un numero superiore a quello dei Paesi membri delle Nazioni Unite! È difficile distinguere tra Nord o Sud del mondo, tra Paesi ricchi o poveri. Sarebbe più corretto parlare di un'élite globale che sfrutta tali territori e intermediari».

(continua)

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