Paradisi fiscali e potenti della Terra
Continuano ad emergere gli scandali sull’esistenza dei paradisi fiscali. L’ultima novità è esplosa domenica 3 aprile grazie al gruppo internazionale di giornalismo investigativo (International Consortium of Investigative Journalists) di cui fa parte anche la testata italiana dell’Espresso.
Si tratta dello stesso consorzio mediatico che aveva sollevato, nel 2014, il caso delle agevolazioni fiscali che sarebbero state concesse indebitamente e in maniera non trasparente alle maggiori aziende multinazionali da parte del governo del Lussemburgo nel periodo 2002 – 2010 e cioè quando era ministro dell’economia Jean-Claude Juncker, tuttora saldamente al vertice della Commissione europea.
Stavolta si passa dal LuxLeaks aI Panama papers. Si tratta di un intreccio di società offshore gestito da oltre 40 anni da un noto studio legale (Mossack Fonseca) che ha sede a Panama City e rappresentanze in più di altri 35 Paesi sul pianeta.
La questione interessa nomi molti noti: dal padre del premier britannico David Cameron al re dell’Arabia Saudita, da personaggi vicini a Vladimir Putin ai presidenti di Ucraina, Islanda e Pakistan, ai familiari degli esponenti di primo piano del Comitato permanente del partito comunista cinese passando per l’italiano Luca Cordero di Montezemolo che ovviamente, come tutti, smentisce ogni addebito.
Il paradosso consiste nel fatto che, come ha affermato Elisa Bacciotti, di Oxfam Italia, in molti dei casi sono “moralmente deplorevoli ma non illegali. In questo senso l’elusione fiscale è davvero spietata e dannosa. Colpisce trasversalmente i contribuenti onesti, crea svantaggi competitivi per le piccole e medie imprese nazionali e priva le casse degli Stati di risorse essenziali per l’erogazione di servizi di base per i cittadini. Per risanare la situazione i governi stanno al momento facendo però ancora troppo poco».
Il più grande scandalo di sempre sulla presunta elusione fiscale realizzata da nomi illustri del mondo della politica, bancario, finanziario, imprenditoriale, dello sport e dello spettacolo, rappresenta per Oxfam l’occasione per rilanciare l’appello ai leader e alle istituzioni mondiali ed europee affinché si arrivi il prima possibile alla «definizione di regole stringenti, che impediscano la sottrazione di risorse alla collettività, attraverso il ricorso a sofisticati meccanismi di elusione fiscale».
Chi ci rimette? Secondo Oxfam «il conto più salato, alla fine, lo pagano i Paesi più poveri: ogni anno, secondo le stime, perdono 170 miliardi di dollari in mancate entrate fiscali. Così, mentre ricchi individui e grandi corporation nascondono i propri “tesori” nei paradisi fiscali (sottraendo alla collettività la loro giusta quota di tasse), vi sono nel mondo ancora oggi almeno 400 milioni di persone che non hanno accesso a servizi sanitari pubblici di base».
Oltre i nomi più o meno illustri, quanto è diffusa la piaga dei paradisi fiscali? «Ovunque» secondo Oxfam. Basti pensare che «circa il 30 per cento del patrimonio dei super-ricchi del continente africano è detenuta offshore, con un costo per la collettività di 14 miliardi di dollari all’anno: una cifra che da sola consentirebbe di assumere abbastanza insegnanti per mandare a scuola ogni ragazzo africano e di coprire la spesa sanitaria di 4 milioni di bambini».
nella foto Ap la sede della studio legale Mossack Fonseca a Panama
qui il link ad una nostra intervista a Oxfam Italia