Papi e carismi
A papa Francesco lo hanno ricordato subito dopo l'elezione. Lui, che ha preso il nome del santo più popolare, appartiene ai gesuiti: e fu proprio un papa francescano, Clemente XIV di Forlì, a sciogliere la Compagnia di Gesù nel 1773, incapace di resistere alle pressioni delle cosiddette “potenze cattoliche" (in realtà massoniche). Mentre un altro pontefice, appartenente a un ordine religioso, il benedettino, anche lui romagnolo, Pio VII, lo ricostruiva ai primi dell’Ottocento. I casi della storia, o per chi crede, della Provvidenza.
Certo, la sede di Pietro ha avuto a che fare da secoli con papi provenienti dai diversi carismi. Intanto, i francescani. Non solo Clemente XIV. occorre tornare al 2 febbraio 1288, quando il frate Girolamo Masci, marchigiano, diventa il primo papa francescano col nome di Niccolò IV: quattro anni di pontificato, poi muore ed oggi è sepolto a Roma, a santa Maria maggiore. Un salto e siamo al 1409, quando al concilio di Pisa viene eletto Alessandro V, francescano di Creta, che muore dopo poco e oggi viene considerato – ma la cosa è ancora discussa – papa illegittimo.
Nel 1471 il ligure Francesco della Rovere, ex generale dei francescani conventuali, diventa Sisto IV, celebre per la cultura e l’arte ed anche per il suo comportamento da papa-re. Qualche decennio e il nipote Giuliano della Rovere, anche lui francescano e ligure, diventa nel 1503 Giulio II, il grande mecenate dell’arte e il papa che va in battaglia.
C’è il Concilio di Trento e la Chiesa si autoriforma, c’è bisogno di una mano energica. Lo è, fin troppo, Sisto V, Felice Peretti, francescano marchigiano, che in cinque anni (1585-90) interviene con forza a riformare la vita della Chiesa. Infine, occorre aspettare Clemente XIV, di cui abbiamo già detto.
Passiamo ai domenicani. Il primo è Innocenzo V, eletto il 22 gennaio 1276, un savoiardo francese che si chiamava Pietro di Tarantasia, teologo con un grande senso dell’unità della Chiesa. Durò solo cinque mesi. Il secondo è il beato trevigiano Benedetto XI (Niccolò Boccasini) eletto nel 1303 dopo il duro pontificato di Bonifacio VIII, un uomo retto e mite che però regnò per un solo anno. Bisogna salire al 1566 quando il piemontese Michele Ghislieri diventa papa Pio V, fino al 1572: un asceta e un mistico, un severo riformatore, istituisce la festa della Madonna del Rosario per celebrare la vittoria di Lepanto sui turchi, canonizzato nel 1712. Nel 1724 l’ultimo, per ora, papa domenicano. È il nobile napoletano Pier Francesco Orsini, domenicano contro il volere dei familiari, che diventa Benedetto XIII con grande riluttanza. Governa per sei anni, lasciando l’impronta di un austero vescovo di Roma.
Infine, c’è la lunga serie dei papi che si rifanno al carisma di san Benedetto nelle diverse famiglie (certosini, camaldolesi, cistercensi). È il carisma più rappresentato nella sede di Pietro. Nei secoli dell’Alto medioevo non è facile stabilire quali pontefici fossero veramente benedettini, ma possediamo alcune note di loro come abati di monasteri romani, presumibilmente benedettini, come Pasquale I (817-824), per poi arrivare con sicurezza a Silvestro II (999-1003), il francese Gerberto d’Aurillac, uomo di immensa cultura, amico dell’imperatore tedesco Ottone II. Si arriva poi al grande Gregorio VII, cioè il toscano Ildebrando di Soana, eletto nel 1073 – il papa del conflitto con Enrico IV e dell’umiliazione di Canossa – e morto in esilio a Salerno nel 1085. A lui succede Desiderio, abate di Montecassino, che si chiama Vittore III e regna fino al 1087; tocca poi al francese Urbano II, monaco benedettino riformato dell’abbazia di Cluny, che dura dal 1088 al 1099: è il papa della prima crociata.
È un monaco anche il successore romagnolo Raniero, cioè Pasquale II (fino al 1118). Si giunge poi nel 1145 all’elezione di un "figlio spirituale" di san Bernardo di Chiaravalle, il benedettino certosino, di Pisa, Bernardo Pignatelli, che governa come Eugenio III fino al 1153, aiutato dal celebre scritto del santo “De consideratione”, sul governo della Chiesa. È un cistercense Lucio III, cioè il milanese Ubaldo Allucignoli (1181-85), grande avversario di Federico Barbarossa. Benedettini sono poi alcuni papi avignonesi, tutti nati in Francia: Benedetto XII, cioè Jacques Fournier (1334-1342), cistercense; benedettino era Clemente VI (1342-1352), cioè Pierre Roger; lo era pure il beato Urbano V (1362-1370, cioè Guillaume de Grimoard che tentò di tornare in Italia. Bisogna poi attendere il 1800 con Pio VII, cioè Barnaba Chiaramonti, morto nel 1823 e il bellunese camaldolese Gregorio XVI, cioè Mauro Cappellari, (1831-1846). In tutto, la spiritualità benedettina ha dato al seggio petrino almeno 13 papi. Un record!
Non mancano però altri carismi, come gli agostiniani Gregorio XII e Eugenio IV, zio e nipote veneziani (Angelo Correr 1406-15 e Gabriele Condulmer, 1431-47); oppure papi influenzati dai gesuiti come parecchi fra il Seicento e il Settecento, perchè educati nelle loro scuole. E infine addirittura un pontefice capo di un movimento laicale di riforma della Chiesa, come i Patarini di Milano, Alessandro II, cioè Anselmo di Baggio, che governò dal 1061 al 1073, o fondatori di ordini religiosi come l’abruzzese Pietro dal Morrone, cioè Celestino V (1294), e il napoletano Giampietro Carafa, confondatore con san Gaetano da Thiene dei Teatini, che fu papa come Paolo IV dal 1555 al 1559.
P.S. Fra i tanti piccoli gesti rivoluzionari fatti da papa Francesco ce n’è uno: il non-uso della mozzetta rossa, vestimento di origine imperiale che fa parte dell’abito corale dei pontefici (con evidente sgomento del cerimoniere Marini, specialista nel recuperare abbigliamenti barocchi per il povero papa Ratzinger). Finisce davvero anche con questo segno un'era.