Francesco sposa uno stewart e una hostess
Nell’ultimo giorno del suo viaggio in Cile, papa Francesco ha rilanciato l’idea di Simon Bolivar di una “Patria grande” che comprenda l’intera America del Sud. «Proseguo il mio pellegrinaggio in Perù. Popolo amico e fratello di questa Patria Grande di cui siamo invitati a prenderci cura. Una Patria che trova la sua bellezza nel volto multiforme dei suoi popoli» – ha affermato – salutando la presidente cilena Michelle Bachelet che lo ha seguito in tutte le tappe della sua visita. La tappa conclusiva è stata nel deserto del Nord, il più arido del mondo, a Iquique, dove ha presieduto la Celebrazione fraterna per l’integrazione dei popoli al campus Lobito. È stata una tappa densa di significato perché questa terra è molto ospitale e i suoi abitanti hanno sempre cercato di aiutare chi attraversava il deserto mettendo a rischio la propria vita. E il Papa si è soffermato in particolare sulla situazione dei migranti, che trovano ora molte “porte chiuse”. La loro, ha sottolineato Francesco, è «una partenza sempre basata sulla speranza di ottenere una vita migliore, ma sappiamo che è sempre accompagnata da bagagli carichi di paura e di incertezza per quello che verrà». «Iquique – ha detto nell’omelia della messa celebrata nel deserto cileno – è una zona di immigrati che ci ricorda la grandezza di uomini e donne; di famiglie intere che, davanti alle avversità, non si danno per vinte e si fanno strada in cerca di vita».
Nel volo di andata Francesco ha compiuto un gesto che non ha precedenti unendo lui stesso in matrimonio due membri dell’equipaggio che non avevano potuto sposarsi nel 2010 a causa del terremoto, Carlos e Paula. Francesco ha colto la loro sofferenza e ha risposto al loro desiderio: un matrimonio sacramentalmente e giuridicamente valido anche se celebrato ad alta quota, ha spiegato il portavoce greg Burke. E subito dopo, giunto al campus Lobito, cioè in pieno deserto, Francesco ha preso spunto dal miracolo delle nozze di Cana, sottolineando la capacità di Maria di ascoltare e comprendere le necessità delle persone che in quel caso avevano finito il vino.
«Siamo attenti – ha ammonito Francesco – a tutte le situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento che espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo attenti di fronte alla precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie. Siamo attenti a quelli che approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non hanno i documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e lavoro di tante famiglie».
Secondo il papa, i migranti, «specialmente quelli che devono lasciare la loro terra perché non hanno il minimo necessario per vivere, sono icone della Santa Famiglia, che dovette attraversare deserti per poter continuare a vivere. Questa terra è terra di sogni, ma facciamo in modo che continui a essere anche terra di ospitalità».
Il papa ha esortato i cileni a offrire come è loro tradizione una «ospitalità festosa, perché sappiamo bene che non c’è gioia cristiana quando si chiudono le porte; non c’è gioia cristiana quando si fa sentire agli altri che sono di troppo o che tra di noi non c’è posto per loro».
«Come Maria – ha invocato – diciamo con fede: non hanno vino. Come i servi della festa, portiamo quello che abbiamo, per quanto sembri poco. Come loro, non abbiamo paura a dare una mano, e che la nostra solidarietà e il mostro impegno per la giustizia facciano parte del ballo e del canto che possiamo intonare a nostro Signore».