Papà separati. E poi?

Storie dalla Casa della Speranza in provincia di Cagliari che ospita uomini in difficoltà dopo la separazione

Una casa per papà separati. Ce n’è bisogno di questi tempi, quando sempre più frequenti sono le situazioni di uomini che, dopo la separazione, sono ridotti sul lastrico a causa delle spese da sostenere per il mantenimento di moglie e figli e per le proprie spese personali. Spesso ci sono alle spalle difficoltà di gestione del patrimonio, perdita del lavoro, quando non ci sono problemi ancora più gravi. E, soprattutto quando manca una rete di sostegno familiare, non è difficile ritrovarsi a dormire per strada, o in auto come abbiamo visto di recente anche per un noto personaggio televisivo.

Assistere i papà separati, è dunque la mission ufficiale della Casa della Speranza a Flumini, alle porte di Cagliari. Di fatto la casa – voluta dal Centro di accoglienza San Vincenzo De Paoli e gestita da soli volontari – è una vera àncora per persone con problemi gravi – alcol, droga, depressione, debiti – di cui la separazione è solo la punta dell’iceberg.

A parlarcene è Graziella, cagliaritana, impiegata in una grande azienda, una dei tre volontari grazie ai quali va avanti l’attività: lei, che si è ritrovata lì quasi per caso, il collega che l’ha invitata, e una dirigente in pensione che si occupa della gestione quotidiana della casa. Nata a fine 2013, la Casa della Speranza ha una disponibilità di 8 posti, e ha ospitato fino ad oggi oltre 20 persone. «Il nostro compito è quello di aiutarli a ritrovare la propria dignità e a riacquistare il giusto posto nella società. Non sempre ci riesce».

Quando una persona arriva si cerca prima di tutto di capire quali siano le sue necessità, si fanno dei colloqui di inserimento, si ripetono dei colloqui periodici, si cerca il sostegno economico e la soluzione ai problemi concreti, che sono tanti. Alcuni di loro sono stati avviati al centro alcologico per essere disintossicati, altri sono stati accompagnati in comunità più adatte, qualcuno è tornato in carcere. «Ma ci sono anche dei successi, spiega Graziella, ad esempio quando per qualcuno di loro siamo riusciti ad ottenere la pensione, o nei casi più fortunati a trovare un lavoro».

E così in questi anni, i volontari della Casa della Speranza hanno accolto un giovane immigrato egiziano, agli arresti domiciliari, lo hanno aiutato ad imparare l’italiano e stava per conseguire un titolo di studio se non fosse…sparito; hanno sostenuto “F”, raccolto sotto i portici una notte di capodanno, distrutto nel corpo e nella mente dall’alcol, lo hanno curato e aiutato a disintossicarsi e nella Casa ha completato il suo percorso. Un altro ospite aveva un passato di droga e alcol, e tutta la famiglia seguita dai servizi sociali: la convivenza con gli altri non era semplice, ed è stato aiutato ad inserirsi in un’altra struttura, fino al riconoscimento dell’invalidità che gli permetterà di ricevere una pensione. C’è chi si comporta con arroganza e in modo aggressivo verso gli altri, anche gli stessi volontari si sono trovati in pericolo ed è stato necessario allontanare qualcuno, ma non prima di avergli trovato una sistemazione alternativa.

Alla Casa della Speranza, si cerca poi di scoprire e valorizzare i talenti di ciascuno, come quando è arrivato un uomo. Lo chiameremo Samuele. Racconta Graziella: «Era implicato in una vicenda per cui attorno a lui si è fatta terra bruciata. La moglie lo lascia, gli amici lo abbandonano, la vita agiata di un tempo diventa un lontano ricordo». Lui sa di avere capacità nella gestione della casa ma gli altri ospiti non gli riconoscono il ruolo. Finché  arriva la possibilità di rendersi utile. «Un altro ospite, che chiamiamo Giorgio, – continua Graziella – aveva bisogno di trovare un lavoro. Samuele mette in moto le proprie conoscenze a Londra e risolve il problema. Trova lavoro in un ristorante e alloggio. Al biglietto ci pensiamo noi come anticipo della casa, con impegno e restituirlo senza data». Pochi mesi dopo Giorgio trova lavoro in un’officina meccanica, era saldatore. Ha inviato un bonifico con un piccolo importo in restituzione di quanto ricevuto.

«Ci piacerebbe, sogna Graziella, seguire gli ospiti in un percorso personale, Ma servirebbero almeno altrettanti volontari: uno ad uno. Chissà, navighiamo a vista!. A proposito, ve l’ho già detto? Cerchiamo volontari!».

 

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