Papa Francesco
È tutto il continente dell’America Latina che si esprime in un papa, così come la Chiesa dell’Oltrecortina si era espressa in Giovanni Paolo II. Se la Chiesa dell’Est europeo era stata la più eroica e fedele nel martirio, quella del Sud America è stata la più vivace nel periodo postconciliare. Ha fatto suoi i problemi dei poveri e della giustizia, ha inventato le comunità di base, penetrazione capillare del Vangelo fin negli ambienti più umili e dimenticati, ha elaborato una teologia capace di rispondere alle attese della gente. Da lì doveva venire il papa per la Chiesa universale.
Ma già queste parole, papa e Chiesa universale, pur vere, non collimano pienamente con le prime parole pronunciate da Jorge Mario Bergoglio, che nel suo breve discorso dalla loggia delle benedizioni non ha mai pronunciato la parola papa, preferendo parlare di vescovo di Roma. Anche il suo ricordo, il saluto e la preghiera erano rivolte a Benedetto come «vescovo emerito di Roma». È già un primo segnale di una Chiesa che si vuole radicata sempre più nel tessuto concreto del popolo di Dio, al punto che prima di benedirlo ne invoca la benedizione.
Un vescovo di Roma che prende il nome di Francesco. Non ne ha ancora spiegato la motivazione, ma è naturale pensare a Francesco d’Assisi e a ciò che esso ha sempre rappresentato per la Chiesa intera e per tanti uomini e donne al di là della Chiesa stessa: il richiamo alla Chiesa dei poveri, a uno stile di vita essenziale, sobrio, semplice. Ed è un secondo segnale.
Un vescovo di Roma gesuita. Da quanti secoli non sedeva più sulla cattedra di Pietro un religioso? Ora è come se le due componenti principali della Chiesa si incontrassero in sintesi armoniosa: il profilo petrino e il profilo carismatico. Due realtà che lungo la storia spesso hanno vissuto in tensione tra di loro si trovano riunite nella stessa persona: il successore di Pietro è anche membro di una famiglia carismatica. Un ulteriore segnale che lo Spirito Santo vuol dare alla Chiesa? Vuole forse ricordare che la dimensione gerarchica e quella carismatica, pur nella loro distinzione e peculiarità, sono espressioni dell’unico Spirito? Un invito a una nuova comunione tra tutte le componenti ecclesiali per rispondere insieme alle attese e alle necessità urgenti delle nostre società, un invito a quell’unità chiesta da Gesù al Padre come indispensabile perché il mondo creda.
Papi benedettini, agostiniani, domenicani, francescani, cistercensi…, mai gesuiti. La Compagnia di Gesù è nata dal «sentire cum Ecclesia» di Ignazio di Loyola, che nella Formula Instituti, la regola fondamentale dei gesuiti, dichiara come la Compagnia vuole militare per Dio e servire solo Cristo e la sua Chiesa e che per questo è «a disposizione del Romano Pontefice, Vicario di Cristo in terra… fedelmente obbedienti al ss.mo signor nostro il papa Paolo III e agli altri romani pontefici suoi successori». I gesuiti fanno al papa uno speciale voto di obbedienza in forza del quale egli può disporre di ognuno di loro come meglio crede, così che la missione apostolica abbia «una più sicura direzione dello Spirito Santo». Così è stato lungo questi cinque secoli: un gruppo di uomini nelle mani del papa totalmente disponibile a continuare la missione di salvezza di Gesù. Ancora un segno di una Chiesa che non può rinchiudersi nei propri problemi interni, ma è chiamata ad aprirsi sull’umanità intera per portare ovunque la novità e la speranza del Vangelo.