Papa Francesco visita il Molise

Intervista all'arcivescovo di Campobasso, monsignor Giancarlo Bregantini. Ravvivare la speranza, promuovere la cultura dell'incontro per rimuovere quella dello scarto: ecco le attese dellla più piccola regione italiana
Bregantini

Dal 2008 arcivescovo a Campobasso, monsignor Bregantini, per tutti padre Giancarlo, ci riceve nella sede dell’arcivescovado. Arriva in ritardo ma, poi, si trattiene per più di un’ora che ci lascia il sapore di un uomo di Dio, innamorato del Molise, conoscitore profondo delle problematiche della sua gente, affabile, sapiente e con una speciale sintonia con il pensiero sulla Chiesa di papa Francesco.

Qual è stata la lettura di questa regione quando è arrivato in Molise nel 2008?

“Venendo dalla Calabria mi è sembrata una regione molto tranquilla. La gente tiene la catasta di legno per l’inverno davanti alla casa senza nessuna precauzione. In sei anni che sono qui non c’è mai stato un delitto di mafia. In Calabria ne avveniva uno ogni quindici giorni. Ci sono delitti, ma sono pochissimi e di natura passionale. I residenti del carcere locale vengono quasi tutti dalla Campania o dalla Puglia. L’ultimo censimento ha rilevato che è la regione che ha meno delinquenza e meno inquinamento di tutta Italia. Nelle mie visite nelle scuole, chiedo sempre ai ragazzi di definire la loro regione con un aggettivo. La definizione che dicono è: “Il Molise è vivibile”.  E’ una regione che ha la grande capacità di farti sentire a casa. C’è una parrocchia di Napoli che ha una casa in Molise in mezzo agli ulivi. Porta i ragazzi dei quartieri più popolari di Napoli in un ambiente sereno e fanno tre giorni di immersione nel silenzio e nella pace. Al terzo giorno sono già diversi: meno litigiosi e ostili, più sereni e profondi. L’ambiente esterno promuove una dinamica nuova di relazioni fraterne”.

Un quadro un po’ idillico?

“L’altra faccia della medaglia del Molise è che di fronte ai pochi problemi esterni porta ad una poca capacità di reazione di fronte agli stimoli della vita. Più problemi hai, più ti devi arrangiare. Questo è il rischio del Molise per l’imprenditoria, innovazione, capacità gestionale, progettualità futura. Ci sono le realtà produttive ma c’è una mancata valorizzazione delle potenzialità che questa terra ha. Si potrebbe riscoprire l’agricoltura, i prodotti tipici, il turismo”.

Negli anni è cambiata questa opinione?

“C’è una grande capacità nell’imprenditoria privata, basti pensare alla filiera del pollo che è il migliore d’Italia per qualità e sapore. I contadini hanno creato degli ottimi allevamenti: uova, pulcini, carne. Mentre il macello è pubblico: questo crea clientelismo e ognuno vuole essere sistemato dai politici. Vuol dire creare della manodopera eccessiva che non occorre. Il macello così non è capace di reggere la concorrenza, diventa economicamente insostenibile ed è stato chiuso. La grande fatica non è rifinanziare il nuovo, ma riprogettare il nuovo. Ci vorranno molti mesi per riorganizzare il macello su basi cooperativiste e partecipative”.

Perché il primo a rivolgersi al papa sarà un contadino?

“E’ un giovane contadino, laureato che è tornato a lavorare la terra. Collabora con l’azienda di famiglia. Con altri amici laureati e laureandi stanno sperimentando un nuovo modo di arare: la semina su sodo. Non bisogna arare con trattori, poi livellare, poi seminare. Con la nuova tecnica la macchina passa direttamente sul terreno, dopo averlo pulito, con un disco che penetra la terra di circa 8 centimetri. Un meccanismo mette un chicco di frumento e un po’ di concime: questo sistema mantiene l’equilibrio della terra. E’ una tecnica che hanno imparato in Argentina dove sono stati per un corso di perfezionamento. Parlerà davanti al papa perché rappresenta il mondo rurale istruito e innovativo. Dopo parlerà una mamma che lavora alla Fiat ma è anche incinta: rappresenta la conciliazione possibile tra il lavoro e la famiglia. Farà un appello alla santità della domenica. La Germania, la Svizzera, la Danimarca la domenica chiudono gli esercizi commerciali, mentre noi li teniamo aperti. In Germania dicono che se non sei capace di fare la spesa in sei giorni perché i soldi non li hai, il settimo giorno sarà peggio. Infatti non si guadagna di più, butti via il tempo, non curi le relazioni, non visiti un museo, non c’è il turismo fuori porta che è vitale per l’economia. E’ la miopia del denaro senza etica. Il denaro che domina e non serve”.

Quali sono le sue aspettative per la visita del papa?

“La visita è stata divisa in sette punti. Il primo è sul mondo del lavoro. Ci aspettiamo che si rilanci l’agricoltura, la conciliazione dei tempi tra lavoro e famiglia, il rispetto della domenica anche per la Fiat. E la non delocalizzazione perché orami la fabbrica torinese ragiona in soli termini produttivi. E’ la persona il fondamento della produzione non il denaro.  Ci sarà l’incontro con la città di Campobasso allo stadio, con gli ammalati in cattedrale, alla mensa con i poveri, con i giovani a Castelpetroso, con i carcerati a Isernia e il saluto finale alla Regione. Ognuno di questi siti è un messaggio. I tre obiettivi della visita sono: confermare la nostra fede nell’infinita misericordia del Padre, ravvivare l’entusiasmo della speranza nella cultura dell’incontro, renderci più uniti nella carità, per non scartare nessuno”. 

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