Papa Francesco: Venezia, terra che fa fratelli
«Abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi. E Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune». Sono le parole di papa Francesco nell’omelia della S. Messa che ha concluso il suo viaggio apostolico a Venezia. Un viaggio breve ma denso di significato, fatto di incontri fraterni in cui Francesco ha parlato cuore a cuore ribadendo i principi cardine su cui deve essere fondata la società.
Venezia, città di una bellezza incantevole, è però minacciata da numerosi problemi: «i cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine».
Occorre avere il coraggio di ripartire dall’uomo, di mettere al centro la dignità della persona, di dare a ciascuno la possibilità di riconoscere i propri errori per andare avanti e ricostruire vita e relazioni; bisogna valorizzare l’arte come espressione dell’animo umano e fare emergere le infinite possibilità di bene custodite nel cuore dei giovani.
Nel cuore di Francesco, le donne detenute nella Casa di Reclusione della Giudecca, che lo hanno potuto incontrare all’inizio della mattinata. Con loro, il papa ha voluto condividere un momento di preghiera, vicinanza e affetto fraterno. «Il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza – ha detto -. Però può anche diventare un luogo di rinascita, rinascita morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è “messa in isolamento”, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia. Nessuno toglie la dignità di una persona, nessuno!».
Anche agli artisti incontrati nel padiglione della Biennale d’Arte di Venezia, papa Francesco ha voluto ribadire l’importanza del loro originale contributo per costruire una società fraterna, auspicando che l’arte possa essere come «una città rifugio», «un’entità che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi». Da qui l’invito a collaborare per liberare in mondo da «antinomie insensate» come il razzismo, la xenofobia, la «fobia dei poveri», nelle quali si cela il rifiuto dell’altro, e ad immaginare città che ancora non ci sono, in cui nessuno sia considerato un estraneo.
«Alzarsi e andare» sono le due parole chiave che papa Francesco ha voluto donare ai giovani riuniti nel piazzale antistante la Basilica di Santa Maria della Salute. «Stasera, quando ciascuno sarà a casa, e poi domani e nei giorni a venire, da dove ripartire per accogliere la bellezza che siamo e alimentare, da dove ripartiamo per cogliere questa bellezza?», ha chiesto loro Francesco, additando l’esempio di atleti e artisti i quali insegnano che i grandi traguardi non si raggiungono in un attimo, ma con la perseveranza. «E se questo vale per lo sport, l’arte e la cultura – spiega il papa -, vale a maggior ragione per ciò che più conta nella vita. Che cosa conta nella vita? L’amore, la fede. E per crescere nella fede e nell’amore dobbiamo avere costanza e andare avanti sempre».
E quando le difficoltà della vita possono far nascere lo scoraggiamento, «non guardarti con i tuoi occhi, ma pensa allo sguardo con cui ti guarda Dio. Quando sbagli e cadi, Lui cosa fa? Sta lì, accanto a te e ti sorride, pronto a prenderti per mano e alzarti».
Vale la pena alzarsi e lasciare quella tristezza che fa ripiegare su se stessi, di imparare ad amare la vita sentendosi dono per gli altri, dono unico e irripetibile. Alzarsi e andare, comminare insieme: «non isolatevi – ammonisce il papa -, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi».
Il Signore conosce le fragilità di ciascuno, la difficoltà di andare controcorrente, ma è importante lasciarsi prendere per mano da Lui e camminare insieme: «Venezia ci dice che solo remando con costanza si va lontano. Se voi siete cittadini veneziani, imparate a remare con costanza per andare lontano! Certo, per remare occorre regolarità; ma la costanza premia, anche se costa fatica. Dunque, ragazzi e ragazze, questo è alzarsi: lasciarsi prendere per mano da Dio per camminare insieme!».