Papa Francesco. Un uomo di parola

Esce in 350 sale dal 4 al 7 ottobre il lavoro del regista Wim Wenders sulla vita di Bergoglio attraverso interviste e atti concreti del suo pontificato
Il regista tedesco Wim Wenders e papa Francesco.

La coerenza, prima di tutto. Cioè fare quello che si dice. Magari quando si è una autorità morale mondiale, come nel caso di papa Francesco. Credo che Wim Wenders sia stato soprattutto colpito da questa caratteristica del pontefice che si manifesta in atti concreti: parole, carezze, grida, amore verso tutti, specie gli emarginati, dai rom agli immigrati, dai disoccupati ai contadini, ai bambini. Un cuore universale, ecco chi è papa Francesco. Non si esce indenni dai 93 minuti con cui il regista tedesco “cristiano cresciuto cattolico” dialoga con il papa in quattro lunghe interviste di due ore ciascuna, realizzate tra il 2016 e il 2017. Dove quel che colpisce è lo sguardo di Francesco: mobile, luminoso, deciso e dolce a seconda dei momenti. Durissimo quando parla di tolleranza zero riguardo alla pedofilia e alla vendita delle armi, tenero con chi soffre, sereno quando parla di Dio e umano, molto umano quando per spiegare il dolore innocente dice di saper solo guardare il Crocifisso. Populista? Non credo. Francesco va al cuore del Vangelo che è la povertà. Wenders l’ha capito e fa rivivere gli affreschi di Giotto sul Poverello grazie all’asciutta interpretazione di Ignazio Oliva, un attore il cui profilo intenso richiama il fuoco dei ritratti del Greco.

CINEMA: WENDERS, BERGOGLIO UOMO SENZA PAURA

Nel filmato si intersecano spezzoni di vari momenti del papa – lui che osserva le città dall’aereo, che parla a Buenos Aires alla folla in piazza chiedendo di abbracciarsi… –, al presente, così che la vita di Bergoglio appare dinamica, sempre tesa verso gli altri. Certi primissimi piani sono di avvolgente poesia, e lo si nota in quella luce che vibra dal cuore ai suoi occhi. La macchina da presa indugia volentieri sugli apparenti dettagli: la mantellina della veste sollevata dal vento, la sedia verde nei palazzi vaticani, il passo incerto e al contempo spedito, i silenzi – impressionante quello ad Auschwitz – che dicono molto più delle parole. Bergoglio è attento alla Terra, agli ultimi: parla di Dio senza citarlo continuamente. Ciò forse non piacerà a chi vuole un papa teologo che parli sempre del cielo, ma lui forse è vicino al linguaggio semplice e diretto del Cristo del Vangelo. Il papa non fa l’attore nel film: si è rifiutato decisamente, come dicono sia Wenders che don Dario Viganò che ha avuto l’idea del progetto, proponendola al solo regista tedesco e lasciandogli mano libera del tutto. Per fare non il solito documentario sulla vita del papa, ma un suo dialogo aperto con ciascuno di noi, manifestandosi con naturalezza per quello che è. Certo, un uomo che ha coraggio e non ha paura («chiedo a Dio di morire quando e come vorrà, non siamo eterni», dice), ammette Wenders. Il primo papa frutto del Concilio, soggiunge Viganò.

Il finale è sorprendente, un colpo da regista. Il papa parla dell’ascolto e poi del senso dell’umorismo che chiede a Dio ogni mattina con la preghiera di Tommaso Moro: «Signore, dammi una buona digestione ed anche qualcosa da digerire». Occhi luminosi, giocosi e innocenti. Anche questo è Francesco per Wenders.

Esce in 350 sale dal 4 al 7 ottobre. Da non perdere.

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