Papa Francesco: un bene per l’umanità
Mi hanno colpito molto le parole di papa Francesco pronunciate nell’Omelia della Messa del 19 marzo, in occasione dell’inizio del suo ministero petrino. La liturgia della Solennità di San Giuseppe gli ha offerto la possibilità di ricordare la “custodia della Chiesa” da esercitare “con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale”, con “costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio”. San Giuseppe è custode “perché sa ascoltare Dio, legge con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda e sa prendere le decisioni più sagge”.
Sorprende tutti, in questi giorni, il linguaggio concreto, efficace, vicino alla gente, di papa Francesco, che ha la capacità di scuotere le coscienze con parole semplici e dirette che come un raggio di sole riscaldano i cuori. Sentiamo richiamare verità così fondamentali… che ci sembra di aver dimenticato, pur trovandosi già nelle corde delle nostre anime. Profondità e semplicità insieme, autorevolezza e dolcezza disarmante. “Per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi: l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita, vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore”.
Papa Francesco ci invita, “per favore”, a non aver paura della bontà e della tenerezza, della comprensione affettuosa delle persone, a “portare il calore della speranza”. Ci ricorda che “il vero potere è il servizio”, “quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla croce”.
Parole di “prossimità” e di fratellanza, rivolte a tutti, anche i più lontani. Il nome di “Francesco” richiama i poveri, l’uomo della povertà, della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato. Il Papa ha parlato di amicizia, del saper stare insieme, dell’essere custodi gli uni degli altri: “la vocazione che riguarda tutti è di custodire la bellezza del creato, l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo, custodire la gente, aver cura di tutti, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili. L’aver cura l’uno dell’altro. Diventare custodi gli uni per gli altri, vivere con sincerità le amicizie che sono un reciproco custodirsi”.
Il nuovo Pontefice fin dalla sera della sua elezione ha espresso il proprio senso di collegialità della Chiesa, esplicitando il suo essere pastore universale per il fatto di essere il Vescovo di Roma. Un grande senso di vicinanza: “un’autorità planetaria sì, ma che passa attraverso il cammino di fratellanza, di amore e fiducia tra noi”. Ha ricordato come il centro del messaggio di Cristo sia la misericordia: “il Signore mai si stanca di perdonare”. Di grande significatività anche la benedizione impartita “in silenzio” in occasione dell’incontro con i giornalisti, il 16 marzo, “rispettando la coscienza di ciascuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio. Che Dio vi benedica”. Ha invitato i cardinali, come il buon vino che con gli anni diventa più buono, a donare ai giovani la “sapienza della vita”. Ha espresso parole di speranza, fratellanza e prossimità, invitando tutti a non cedere al pessimismo e all’amarezza.
Custodire Cristo, custodire se stessi, custodire gli altri e custodire il creato: queste dimensioni indisgiungibili della vita cristiana ed autenticamente umana sono consegnate anche al mondo della vita consacrata, chiamata ad essere per tutti un segno autentico della loro realizzazione.