Papa Francesco, i poveri, i talenti e le mummie

I poveri sono al centro del Vangelo. Servono fatti e non parole. Una realtà che riguarda anche l’Italia. L'esempio don Roberto Malgesini
Poveri, Francesco e solidarietà Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 12-04-2020 Roma , Italia Cronaca Coronavirus, emergenza sociale Nella foto: Tradizionale Pranzo di Pasqua offerto alla mensa per indigenti della comunità di Sant'Egidio Photo Mauro Scrobogna /LaPresse April 12, 2020  Rome, Italy News Coronavirus outbreak: social emergency In the picture: Traditional Easter lunch offered to the most deprived by the Comunity of Sant'Egidio

«Non dimenticate: i poveri sono al centro del Vangelo; il Vangelo non si capisce senza i poveri». Nella Giornata mondiale dei poveri, papa Francesco ci ha regalato un’omelia bella e profonda nella basilica di San Pietro alla presenza di un centinaio di persone, ma verrebbe da chiederci. riguarda anche noi italiani in modo diretto?

La povertà non è più una realtà lontana neanche per un Paese ricco come l’Italia. I nuovi poveri nella classe media italiana generati dalla crisi economica conseguente alla pandemia sono ben delineati dall’ultimo Rapporto Caritas. L’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%: quasi una persona su due si rivolge alla Caritas per la prima volta. Ne soffrono, in modo particolare, famiglie con minori, donne, giovani. Non è un fenomeno che investe solo i migranti perché gli italiani che si rivolgono alla Caritas, in un anno, sono passati dal 47,9 al 52%.

Il primo dato che si registra è la vergogna. Se entrambi i coniugi perdono il lavoro o sono in cassa integrazione nel giro di poche settimane entrano in una spirale che li costringe, per interposta persona, a rivolgersi alle reti di aiuto perché non sono più in grado di pagare bollette, spese per la casa, vitto. Secondo la Banca d’Italia il reddito è diminuito per metà delle famiglie italiane, solo nei mesi di aprile e di maggio. E sono molte le categorie in affanno e costrette a grandi sacrifici, dai commercianti ai ristoratori, dai lavoratori autonomi e agli operatori nel mondo dello spettacolo e della cultura.

Il nostro punto di vista, naturalmente, è eurocentrico, perché la crisi economica provocata dalla pandemia ha effetti ancora più disastrosi in Paesi più fragili per tenuta sociale, strutture sanitarie, possibilità di interventi dello Stato e non hanno alle spalle la tanto bistrattata Unione europea che tanti ci invidiano anche solo per aver potuto prevedere un progetto, con l’accordo raggiunto il 21 luglio scorso, che prevede 750 miliardi di euro con il piano Next Generation per aiutare i Paesi dell’Ue ad affrontare la crisi causata dalla pandemia. Pacchetto che sarà pronto nel 2021.

Ma torniamo al papa che commenta le pagine del Vangelo che parla della nota parabola dei talenti. Un talento valeva la cifra di 20 anni di lavoro. L’episodio parla di un padrone generoso che ne dona ai suoi servi da uno a cinque.

Anche chi ne avesse avuto uno solo avrebbe potuto vivere di rendita e godersi la vita per un bel po’. Il centro dell’episodio per far fruttare i propri talenti è il servizio e Francesco ripete più volte che «non serve per vivere chi non vive per servire». Curiosamente sono le stesse parole pronunciate, il 15 ottobre scorso nell’Aula magna della Pontificia università Lateranense, da uno studente, algerino e musulmano Mohammed Amen Sahnouni, laureato in Sociologia e iscritto all’Istituto universitario Sophia che ha commentato così l’Enciclica Fratelli tutti.  «Papa Francesco dà un consiglio molto forte a noi giovani di oggi: essere consapevoli della nostra storia, della nostra identità e rispettare la diversità per raggiungere un obiettivo comune “la fratellanza universale”. Al tal fine credo che noi tutti dobbiamo essere in grado di servire l’umanità perché: “Chi non vive per servire, non serve per vivere”».

Il servizio che sa rischiare, vincere la paura, dedicarsi agli altri, «perché il bene, se non si investe, si perde». La fedeltà è legata al rischio, all’iniziativa, alla creatività e non al conservare e nascondere il talento. Sono dei «cristiani “misurati”» quelli che rispettano le regole «che si prendono cura così di sé stessi da non rischiare mai, questi incominciano nella vita un processo di mummificazione dell’anima, e finiscono mummie».

Un messaggio attuale anche oggi per vincere l’indifferenza. «Utilizza quello che ti ha dato Dio – ha detto Francesco poco dopo all’Angelus – e guarda i poveri. Guarda: ce ne sono tanti; anche nelle nostre città, nel centro della nostra città, sono tanti. Fate il bene!».

 Sono una garanzia di «una rendita eterna – siamo tornati all’omelia della domenica mattina – e già ora ci permettono di arricchirci nell’amore. Perché la più grande povertà da combattere è la nostra povertà d’amore».

Nel tempo dello shopping natalizio, siamo già “bombardati” di pubblicità e offerte da quasi un mese, non bisogna chiedersi «cosa posso comprare?» Ma «cosa posso dare agli altri?» perché il vero investimento è nel dare, i nostri veri banchieri sono i poveri perché ci assicurano la vita eterna.

«Alla fine della vita, insomma, sarà svelata la realtà: tramonterà la finzione del mondo, secondo cui il successo, il potere e il denaro danno senso all’esistenza, mentre l’amore, quello che abbiamo donato, emergerà come la vera ricchezza».

Francesco conclude la sua omelia ricordando l’esempio di don Roberto Malgesini, «un prete che non faceva teorie; semplicemente, vedeva Gesù nel povero e il senso della vita nel servire».

Fatti, non parole, pagati con la vita. Don Roberto Malgesini è stato ucciso a Como il 15 settembre da una delle persone a cui dava aiuto ogni giorno.

 

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